Sul dibattito in corso nei primi giorni del nuovo anno in merito ai flussi turistici in città, pubblichiamo un contributo di Alessandro Barbieri, vicepresidente del Quartiere Borgo Panigale-Reno per Coalizione Civica.

Bologna, 7 Gennaio 2025

La prima settimana del nuovo anno è stata caratterizzata da un importante e interessante dibattito sulle pagine della stampa cittadina sul turismo a Bologna. Inaugurato il 2 Gennaio dall’intervista su Corriere di Bologna a Mattia Santori, consigliere comunale delegato (tra le altre cose) al turismo, in cui snocciola dati positivi, prospettive (vedi decongestionamento della città storica, Giubileo e Appennino) e questioni (vedi percezione dell’overtourism e aeroporto) sul tema, e dalla collegata analisi dei 16 anni dal primo volo Ryanair alla “rivoluzione turistica” cittadina, la discussione è proseguita sui giornali locali nei giorni successivi con la contraddizione tra Bologna Welcome che afferma un aumento del 4% a Dicembre 2024 contro il calo del numero di prenotazioni negli hotel (meno 15%) lamentato da Federalberghi (Repubblica Bologna, 4 Gennaio), successivamente continuato con la proposta di un “contratto locale sul turismo” da parte della CGIL bolognese (Corriere Bologna, 4 Gennaio), la quale, nelle parole del suo segretario Michele Bulgarelli, ribadisce la necessità di proseguire sul tavolo sul turismo tra Comune e associazioni di categoria (Resto del Carlino Bologna, 4 Gennaio) e infine (per ora spero) con la replica del Sindaco Matteo Lepore agli albergatori (Repubblica Bologna, Resto del Carlino Bologna, 5 Gennaio) lo stesso giorno in cui vengono presentati i dati (positivi anche questi) dei visitatori ai musei civici, con un occhio di particolare attenzione alla riapertura di Palazzo Pepoli (Corriere di Bologna, Resto del Carlino Bologna, 5 Gennaio).
A mio parere, dalla carta stampata cittadina emerge del fenomeno turismo un ritratto troppo consumistico, seppur citando le sue implicazioni economiche, sociali e culturali, e altrettanto riduttivo, perché si limita all’analisi (necessaria per la politica che deve governarlo) superficiale delle rilevanti conseguenze concrete di questo fenomeno umano che, per come lo conosciamo oggi (organizzato e di massa), è di recente origine: c’è chi lo fa cominciare con i viaggi organizzati dall’inglese Thomas Cook a metà ‘800 e chi invece (e con i quali concordo) con la conquista delle ferie pagate approvate per la prima volta in Francia negli anni ‘30 del ‘900.
Per un’amministrazione comunale come la nostra è fondamentale leggere il turismo come fenomeno storico e sociale per poterlo governare oggi. In particolare può essere utile alla nostra azione di governo capire lo stretto legame tra il turismo e il modello di società attuale, in cui, a livello locale, venendo meno sempre di più la forza dei settori industriali “classici”, le grandi città hanno puntato su altro capitale (quello simbolico della cultura) con cui attrarre ricchezza e, a livello globale, il consumismo è base antropologica diffusa e interiorizzata. Questo intreccio è ben descritto nelle parole del sociologo Rodolphe Christin per il quale “il turismo è l’indispensabile industria di un capitalismo della mobilità che alimenta la domanda facendo leva sull’insoddisfazione permanente propria del desiderio di consumo” (Rodolphe Christin, Manuale dell’antiturismo).

Un passaggio di Santori non mi trova totalmente d’accordo. “Bologna è una città che vive di contaminazioni culturali e il turismo va in questa direzione. Incontrarsi è nel Dna di questa città.” è la parte della risposta che dà alla domanda su come dovrebbe leggere il bolognese il turismo.
Concordo sul fatto che Bologna trova “-paradossalmente- il suo carattere identitario in queste diversità, e nei suoi confronti che inevitabilmente ne scaturiscono” (Massimo Montanari, “Bologna. L’Italia in tavola”, libro -guarda caso- sul rapporto tra il cibo e la nostra città), ma non riesco a vedere in questo turismo una possibilità di scambio culturale tra il locale e il turista.
“Stati Uniti, Spagna, Regno Unito e Germania” sono le principali provenienze straniere citate da Santori. Detto che ciò mi fa dubitare ancor di più sulla democraticità del turismo, non vedo personalmente nessuna (quantomeno poca) contaminazione culturale possibile di questo turista medio, spesso occidentale e soprattutto ricco, il cui rapporto con il locale è solo consumo.
Questa relazione impatta sulla città, come ben sappiamo, da molti punti di vista: per citarne alcuni, quello ambientale, quello della ricchezza (per alcuni) oppure quello abitativo. C’è un impatto però che tendiamo a non vedere: la standardizzazione, cioè ne consegue che Bologna perde in vitalità creativa, attitudine cittadina che è il presupposto di ciò che crea e che attrae. Da questo punto di vista il turismo a Bologna diventa rischioso per sé stesso. La creatività genera ciò che porta il turista (e non solo) in città. Il turista vuole comprare il prodotto della creatività che quindi si normalizza e diventa meno attraente. Anche per chi ci vive. Teniamolo in conto quando parliamo di turismo a Bologna.

Questo commento non vuole essere né un anatema contro il turismo (chi scrive è tra quelli che voleva i turisti in città in passato e ora ci riflette molto spesso) né una critica alle politiche cittadine sul turismo, ma un contributo a un dibattito che finalmente la città fa su sé stessa con sé stessa, nel quale le forze politiche devono entrare, soprattutto quelle di governo, portando anche prospettive differenti, tutte però con l’obiettivo di fare il bene di Bologna e di chi la vive, tutto l’anno o per poche notti.

 

Alessandro Barbieri
Coalizione Civica Bologna

Foto Jose Antonio Alba – pixabay.com

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