Ormai il dado è quasi tratto del tutto, a meno di un provvidenziale crollo della baracca del governo diretto da Matteo Renzi e dai suoi tirapiedi. Solo i più acuti osservatori (come mi segnala una fonte autorevole di una vicina regione) sono avvertiti di quanto sta avvenendo di ben più sostanzioso dietro la cd. riforma del bicameralismo. Ovvero il completo smantellamento del sistema delle autonomie. Cruciale quel che riguarda la revisione del titolo V°. Il nuovo articolo 117 della Costituzione, soprattutto dopo la lettura della Camera, prevede infatti il passaggio alla competenza legislativa esclusiva dello Stato di funzioni fondamentali, tradizionalmente appartenenti alle Regioni e rilevantissime per le politiche territoriali, sociali e di sviluppo. Inoltre nel folto elenco delle materie di esclusiva competenza statale la funzione legislativa non è limitata alle norme generali, ma si spinge a fissare le “disposizioni generali e comuni”, con ciò aprendo il varco anche ad una disciplina di dettaglio in nome dell’esigenza dell’uniformità normativa su tutto territorio nazionale. Le Regioni, già fiaccate dagli scandali e dalla contrazione dei finanziamenti, nonchè minimizzate nei loro organi di rappresentanza e governo, si ridurranno, di fatto, a mere istituzioni amministrative con scarsi poteri. Alla revoca definitiva del processo federalista (di cui è parte lo smantellamento già avvenuto delle Province e delle Comunità) non subentrerà, come propagandato in origine, alcuna valorizzazione dei comuni. La preannunciata abolizione dell’Imu, ora estesa persino ai latifondisti agrari, ripristinerà una condizione di finanza derivata di cui è facile prevedere gli effetti. Riduzione dei finanziamenti, taglio dei servizi, privatizzazione di quel che ancora residua.
Il disegno che si sta chiudendo con il combinato disposto dei tre tavoli – Senato, legge elettorale, titolo V°, come un gioco delle tre carte – è uno straordinario processo di ricentralizzazione statalista. Quel che lo Stato nazionale ha perso verso l’alto, ad opera della globalizzazione e della governance europea, è recuperato dal basso, sottraendolo alle istituzioni locali. Le quali alla fine di tutto sono il capro espiatorio immolato sull’altare neo-liberista dei ‘costi della politica’. Lo Stato riassorbe potere smantellando i beni pubblici decentrati e sotto il controllo elettivo, per quanto imperfetto, dei cittadini. Il plusvalore periferico è poi immesso sul mercato a vantaggio dei monopolisti privati. Le diseguaglienze sociali e patrimoniali sono destinate ad approfondirsi clamorosamente.
Se non inquadrata in questo contesto la questione dell’elettività del Senato rischia di essere totalmente irrilevante. Che senso ha, infatti, una Cametra delle autonomie, a elezione diretta o indiretta non importa, se le autonomie territoriali diventano del tutto residuali ? Il processo di verticalizzazione e di riduzione delle basi democratiche dello Stato passa anche attraverso la creazione di organi fantoccio, privi di autorevolezza e di poteri effettivi. La mancanza di un disegno coerente è solo appatrente. E’ una situazione di caos organizzato. Infatti il coacervo complesso e disomogeneo dei poteri assegnati al Senato, oggetto peraltro di una disciplina minuziosa (non consona al natura costituzionale delle norme) tende a neutralizzare ogni possibile impasse al lavoro della prima Camera, la quale sarà assogettata, come nel progetto, al potere assoluto dell’esecutivo. Un Senato dunque doppiamente debole , debole perché espressione di enti indeboliti e screditati, e debole perché privo di poteri coerenti e precisi. E una Camera ostaggio di un premier-padrone, così come ogni altra istanza. Dalla presidenza della Repubblica alla Corte Costituzionale. E tutto quel che resta della democrazia (cioè nulla) nel trash della pattumiera televisiva.
C’è però uno scandalo ulteriore che va segnalato. A parte qualche mugugno dalla vasta schiera della classe amministrante locale del Pd non s’ode alcuna voce di rilievo in proposito. I ‘governatori’ tacciono, l’Anci di Fassino segue il tran tran. Qui dalle nostre parti il neo-sinistro sindaco di Bologna non dice beo e confida ogni volta nella benevolenza di Renzi. Il Presidente della regione, Bonaccini, entrerà addiritttura nella segreteria nazionale del Pd, dando luogo ad un clamoroso conflitto d’interesse. E’ infatti evidente che si aggiogherà ai diktat neo-centralisti di partito anzichè difendere la comunità e i beni comuni della regione che amministra. Qualcosa che va oltre la sciatteria e che configura un vero e proprio tradimento della funzione conferita dagli elettori. Comunque sovrani per quanto scarsi. A parte il fatto che gli eletti diventano in questo modo ‘funzionari di partito’ pagati surretiziamente dai cittadini. Un finanziamento pubblico occulto a un capo partito. Costoro stanno svendendo una ricca storia di sacrifici e di conquiste democratiche. L’identità stessa del territorio.
Sono cose che succedono. Ho osservato da vicino quanto accaduto nelle province. Una classe politica impaurita quanto inetta può accettare l’eutanasia del sistema che la ricomprende, magari lusingata dalla speranza di conservare qualche strapuntino o di essere riciclata in nuove cooptazioni grazie alla prova di fedeltà/remissività rispetto al capo.
I diritti dei cittadini e delle comunità locali vanno difesi con ogni mezzo, i beni comuni, la proprietà collettiva, i servizi sociali non vanno smantellati. E’ vergognoso sgravare i ricchi, cioè gli evasori e gli elusori, dell’obbligo fiscale. Bisogna ingaggiare una lotta senza quartiere contro questo disegno e i suoi improvvidi complici locali. Questa è la missione della Coalizione Civica. Svegliamoci!!!
di Fausto Anderlini