Una delegazione di attivisti e attiviste di Làbas, Tpo e Laboratorio AQ16 dall’Emilia Romagna é ora in viaggio per raggiungere la Serbia ed andare a documentare le condizioni delle migliaia di migranti bloccati alle porte d’Europa.
Percorrendo il tragitto di quella che era parte della tratta dei Balcani occidentali chiusa ufficialmente nel marzo del 2016 veniamo fermati, identificati e perquisiti alla frontiera croata e a quella ungherese, a prova della disapplicazione totale di Schengen.
Arriviamo a Roszke, al confine tra Ungheria e Serbia, dove eravamo stati nel settembre 2015 e dove avevamo assistito all’arrivo di migliaia di uomini e donne diretti in Europa, che proprio in questa città di confine venivano chiusi in un campo di identificazione con l’utilizzo di gas lacrimogeni che ne impedivano la fuga. A distanza di un anno e mezzo abbiamo davanti la prova della chiusura delle frontiere esterne europee : il campo è allestito, ma vuoto e il filo spinato che divideva i due stati è diventato un muro rinforzato con fossato, torrette di controllo e un sistema molto ampio di telecamere e sensori di monitoraggio.
Queste sono le conseguenze degli accordi Ue – Turchia del 2016 e della esternalizzazione della gestione dei flussi da parte dell’Europa che rende la Serbia terra di stallo per migliaia di persone.