Recuperare autonomia decisionale e finanziaria
Bologna deve farsi promotrice di un’alleanza fra le amministrazioni locali per mettere in discussione il Patto di stabilità interno e l’insieme delle norme che, combinate tra loro, strangolano la loro autonomia decisionale e finanziaria, rendendole di fatto mere esecutrici di politiche decise altrove. Oggi ai comuni viene impedito di fatto di rappresentare e tradurre in scelte di governo le esigenze delle comunità locali che rappresentano.
Si tratta di una battaglia politica le cui ricadute sono assai concrete anche per la scuola, ed è la premessa per evitare che progetti educativi e qualità professionali affoghino fra appetiti di mercato e deleghe gestionali a soggetti del tutto inadeguati.
Il Comune come propulsore di esperienze didattiche innovative
Il Comune deve recuperare il proprio ruolo politico nella definizione delle strategie educative, un ruolo sbiadito o addirittura smarrito nel tempo. Deve tornare ad essere creatore e propulsore di esperienze didattiche e pedagogiche innovative, con un forte contenuto di sperimentazione e ricerca.
Per fare questo bisogna investire nella formazione di tutto il personale educativo, un capitolo oggi completamente e colpevolmente dismesso. Occorre valorizzare la professionalità di pedagogisti/e, educatori, insegnanti e collaboratori/trici scolastici, oggi svilita da una gestione manageriale e gerarchica che ignora le competenze e comprime l’autonomia.
Per fare questo è fondamentale anche ricomporre la coesione di tutto il personale, superando l’ingiustificata compresenza di due differenti contratti – e quindi di due distinti inquadramenti giuridici e retributivi – introdotta dall’amministrazione senza alcun rispetto per i propri lavoratori.
Per una gestione sociale e integrata delle istituzioni educative
Le istituzioni educative del comune (asili nido e scuole dell’infanzia) sono patrimonio dell’intera collettività e potranno crescere e trasformarsi se sapranno essere in sintonia con i mutamenti sociali.
Questo evoluzione potrà essere realizzata solo immaginando nuovi modelli organizzativi e gestionali che siano in grado di superare le gravi deficienze e inefficienze dell’Istituzione Educazione e Scuola (IES).
La frammentazione tra Area educazione del Comune, Istituzione e Quartieri deve essere superata recuperando una visione unitaria e integrata dei servizi che deve comprendere anche il coordinamento con le scuole statali. Gli organi di governo dei servizi educativi devono essere sottratti a una visione manageriale e restituiti alla competenza e all’esperienza professionale maturata nel campo pedagogico ed educativo. Inoltre, i servizi devono essere costruiti e gestiti in modo da attivare processi reali di partecipazione e di autogestione che vedano protagonisti tutti gli attori coinvolti, compresi i genitori.
È anche necessario riformare la gestione dei servizi integrativi, particolarmente delicati perché chiamati a supportare bisogni specifici, primo fra tutti quello delle bambine e bambini, delle ragazze e dei ragazzi con disabilità. A loro deve essere garantita anche la necessaria continuità educativa, un elemento che passa necessariamente attraverso la garanzia di condizioni di lavoro dignitose per gli educatori e le educatrici che si occupano delle attività di sostegno, alfabetizzazione e doposcuola.
Devono essere applicati contratti nazionali di categoria conformi al ruolo professionale e devono essere stipulati accordi che conducano progressivamente all’equiparazione economica rispetto ai dipendenti comunali con qualifiche equivalenti.
Nidi e scuole dell’infanzia per chiunque ne farà richiesta
La scuola, come stabilisce la Costituzione, è laica, aperta, inclusiva, gratuita. Quindi, innanzitutto, è indispensabile rispettare l’indicazione popolare uscita dal referendum consultivo del 2013 sui finanziamenti pubblici alle scuole dell’infanzia paritarie private. Si tratta di un milione di euro da reindirizzare prioritariamente verso la piena soddisfazione delle richieste di accesso alla scuola dell’infanzia, e – ancora – verso la sperimentazione e l’innovazione pedagogica, in progetti di integrazione, nella formazione degli insegnanti, nell’adeguamento della strumentazione didattica, nell’edilizia scolastica, nell’educazione alle differenze.
È indispensabile riaffermare e salvaguardare il carattere pubblico della scuola dell’infanzia comunale, che la legge sulla parità scolastica ha invece indebitamente equiparato alla scuola privata.
Nel sistema educativo pubblico devono essere inseriti anche gli asili nido, secondo le indicazioni della pedagogia più avanzata. Deve inoltre essere garantito il diritto di accesso agli asili nido comunali per chiunque ne farà richiesta.
Rimuovere gli ostacoli al diritto allo studio
Anche se la competenza per il diritto allo studio è in capo alle Regioni, il Comune può mettere in campo azioni incisive per contribuire a rimuovere gli ostacoli che limitano il pieno esercizio di questo diritto fondamentale.
Occorre generalizzare l’apertura degli edifici scolastici in orario extrascolastico, per creare luoghi di integrazione tra la scuola e la città attraverso progetti condivisi con le istituzioni scolastiche, spazi fruibili da studenti e studentesse pendolari dopo la fine delle lezioni, spazi di scambio tra le famiglie italiane e le famiglie migranti.
Occorre estendere la gratuità dei trasporti a tutti gli studenti e le studentesse della scuola dell’obbligo e stabilire tariffe proporzionate al reddito per quelli post-obbligo.
Occorre predisporre una rete di servizi e sportelli territoriali per l’orientamento scolastico e formativo, l’informazione su borse di studio e scambi culturali, in collaborazione con gli istituti scolastici.
Occorre infine realizzare interventi specifici per il diritto allo studio degli studenti e delle studentesse con disabilità, in particolare per quanto riguarda il loro diritto alla mobilità.
Scuola di integrazione, ricerca e passioni
Dal punto di vista della proposta educativa, nelle scuole a gestione diretta e di collaborazione con le scuole statali nell’intero percorso 0-18 – tenendo conto delle risorse educative e culturali presenti nel territorio e delle esperienze maturate nei laboratori didattici museali – gli assi su cui costruire nuovi progetti saranno:
– l’integrazione, la valorizzazione e l’incrocio delle differenze culturali;
– l’educazione civica, ecologica e democratica;
– l’educazione sentimentale, sviluppando e potenziando le attività che affrontano le nuove dinamiche relazionali e i nuovi linguaggi dell’infanzia e dell’adolescenza;
– la conoscenza del patrimonio storico, artistico e culturale.
La valorizzazione delle esperienze didattiche di insegnanti ed educatori, il riconoscimento delle diverse professionalità e del patrimonio scolastico come luogo e laboratorio privilegiato di esercizio di cittadinanza e di convivenza, potrebbero concretamente liberare energie opposte ai processi di competizione e disgregazione sociale in atto. La formazione del personale dovrebbe ruotare attorno a questi temi, a cui aggiungere momenti formativi da estendere in parallelo ai genitori, come occasione per tutti gli adulti di riavvicinarsi alla scuola anche al di fuori dei momenti istituzionali o delle routine quotidiane.
Qualità dei pasti, controlli adeguati, educazione alimentare
Negli ultimi anni i genitori, attraverso un appassionato dibattito e la costruzione di un livello alto di organizzazione e di rappresentanza, hanno conquistato piena cittadinanza in materia di refezione scolastica. Ma la qualità del servizio può e deve essere ulteriormente migliorata. Occorre:
– rafforzare i sistemi di controllo della qualità dei pasti e dei tempi di consegna;
– dare piena attuazione al capitolato, intervenendo sulle inadempienze attraverso sanzioni il cui introito deve essere reinvestito per il miglioramento del servizio;
– garantire una completa trasparenza sulla provenienza delle materie prime utilizzate e una completa riconversione verso cibi biologici, locali, stagionali;
– incrementare e qualificare i percorsi di educazione alimentare per operatori, studenti e genitori.