Questa settimana, in tutti i consigli di quartiere, la maggioranza ha proposto – senza anticiparla agli altri gruppi consiliari – una modifica significativa nel regolamento dei nostri quartieri: quella che attiene alla richiesta di quartieri aperti tematici tramite la raccolta di firme, proponendo di aumentare il numero delle firme necessarie per la richiesta da 100 a 250 o da 200 a 250, a seconda dei quartieri.
Non possiamo tacere il nostro dissenso nel merito e nel metodo. Sul metodo perché ci sono stati inviati testi dai presidenti di quartiere senza che fossero discussi con il resto del consiglio. Una modifica così importante del regolamento non solo avrebbe meritato una discussione nelle commissioni apposite, ma probabilmente perfino una riunione congiunta di tutti i quartieri. Ed invece nulla di tutto questo è avvenuto.
Nel merito perché non condividiamo questa scelta, abbiamo iniziato il nostro mandato proponendo una riduzione del numero di firme necessarie a Navile e ci sempre siamo impegnati ad affiancare i cittadini nella convocazione dei consigli di quartiere (sul contrasto alla costruzione di un nuovo supermercato a San Donato, sulla casa della Salute al Navile, proprio ora sul Polimambulatorio Montebello al Porto Saragozza). Soprattutto continuiamo a pensare che questo sia un importante strumento di partecipazione ad uso dei cittadini e delle cittadine. Gli strumenti di partecipazione vanno semmai ampliati e migliorati, non resi più difficoltosi.
Diverso discorso è proporre che le regole siano uniformi in tutti i quartieri, con le stessa modalità e con regole precise. Conosciamo bene il problema perché negli anni scorsi, facendo spesso ricorso a questo istituto, ci siamo avvalsi soprattutto dei pareri degli uffici competenti per non vanificare la raccolta firme per qualche cavillo burocratico.
Se si vogliono cambiare le regole, però, bisogna farlo insieme e in un’ottica che favorisca la democrazia partecipativa.
Bene certificare l’adesione di cittadine e cittadini realmente residenti del quartiere, ma perché allora non adottare gli stessi criteri previsti per il bilancio partecipativo, che permette che votino i “cittadini residenti nel Comune, non ancora elettori, che abbiano compiuto il sedicesimo anno di età, cittadini non residenti, ma che nel Comune esercitino la propria attività prevalente di lavoro e di studio e stranieri e agli apolidi residenti nel Comune di Bologna o che comunque vi svolgano la propria attività prevalente di lavoro e di studio”?
Ad oggi invece solo i “residenti nel Quartiere che abbiano compiuto la maggiore età” possono firmare la richiesta di un consiglio di quartiere aperto, quando le tematiche toccate invece incidono chiaramente anche sulle vite dei domiciliati, lavoratori, studenti fuorisede e neosedicenni del quartiere.
Siamo abituati a vedere nei nostri consigli atti e pareri votati a maggioranza nei quali difficilmente siamo riusciti a far passare altre proposte. Proposte che, spesso, raccogliamo direttamente da quel ricco panorama di movimenti, associazioni e campagne che può vantare Bologna.
Scelte come quelle proposte dalla maggioranza sanciscono una chiusura incomprensibile che va soprattutto a danno delle cittadine e dei cittadini, di cui a parole si chiede la partecipazione, poi nei fatti si limita la possibilità di incidere davvero nelle scelte dell’amministrazione.
Soprattutto perché la richiesta di consigli aperti era e rimane una prerogativa di cittadine e cittadini che si organizzano per far sentire la propria voce nelle istituzioni.
Per questo proporremo degli emendamenti che vadano nel senso di ampliare la platea di persone che possono firmare per un consiglio aperto come succede già per il bilancio partecipativo e calibreremo il nostro voto sulla base delle risposte che riceveremo.
Brunella Guida – Consigliera Quartiere Navile
Detjon Begaj – Consigliere Quartiere Santo Stefano
Fausto Tomei – Consigliere Quartiere Porto Saragozza
Marco Trotta – Consigliere Quartiere San Vitale – San Donato