In effetti, doveva essersi addormentata tutta la città,

parte di un’Europa immensa e inconsapevole,

mentre lui strisciava per uno spartitraffico deserto,

forse l’incubo del continente assopito.

James G. Ballard, L’Isola di cemento, 1973

 

Quelli della settimana passata sono stati i giorni più duri della storia recente di Bologna.

Abbiamo visto migliaia di persone impegnate a fronteggiare i danni dell’alluvione: volontari autogestiti o coordinati dal Comune di Bologna e dalla Protezione Civile, Vigili del Fuoco, Forze dell’Ordine di vario ordine e grado, tutti gli enti locali, i consorzi, le imprese coinvolte. Un pezzo della città, pur nelle differenze di ruolo, storia, orientamento, è stato costantemente con gli stivali nel fango. Lì bisognava essere e lì siamo stati.

Grazie, con tutto il cuore.

Come ringraziamo con altrettanta riconoscenza la Curva Andrea Costa, gli ultras del Bologna, che con un commovente comunicato hanno preso una posizione netta in difesa della città e della sua gente, contro una logica che mette davanti i diritti televisivi, il danaro che ruota attorno al calcio: nulla a che vedere con l’etica sportiva. Il Presidente del Milan dovrebbe semplicemente vergognarsi. Appoggiamo, senza se e senza ma, la scelta del Sindaco Matteo Lepore di non aver fatto giocare la partita, mettendo le cose nel giusto ordine di priorità.

Per un’altra parte di città, turisti compresi, forse la routine è rimasta sostanzialmente la stessa, tranne che per gli imbottigliamenti nel traffico. In tanti hanno anche ordinato cibo a domicilio attraverso le maledette piattaforme, non rendendosi conto che i riders stavano rischiando la vita.

Anche questo è un dato.

Ma sin da subito è apparso chiaro che non è stato come maggio 2023. Non solo perché è stato tutto il territorio metropolitano di Bologna ad essere più colpito rispetto alla Romagna, non solo per la quantità di pioggia ben superiore (il doppio), ma anche, e soprattutto, per la consapevolezza più diffusa rispetto allo scorso anno della gravità delle conseguenze della crisi climatica, del fatto che gli eventi meteorologici estremi  non si ripetono a distanza di anni, ma di mesi, settimane.

Le fake news, lo sciacallaggio, il negazionismo, ci sono comunque stati. Negli istanti in cui c’erano i soccorritori impegnati a salvare la vita di centinaia di persone dalle frane e dai torrenti che entravano loro in casa, c’era chi, sui social, si riprendeva con l’alluvione nello sfondo, chiedendo il voto per sé alle prossime elezioni regionali: proviamo disprezzo per quello che avete fatto. 

Eppure, nonostante qualcuno abbia toccato il punto più basso della propria dignità, le persone che credevano che il problema fosse il tombino da pulire o che il cantiere del tram fosse la causa di tutto, ci sono sembrate molte di meno. La consapevolezza di quanto accaduto realmente ci è sembrata più forte, la solidarietà è stata immensa.

La morte di Simone Farinelli, un ragazzo di 20 anni che andava a Pianoro a trovare sua mamma assieme a suo fratello (che poi ha preso la pala in mano e si è messo a spalare) ci sconvolge e ci addolora, come ci hanno sconvolto le immagini che tutte e tutti abbiamo impresse negli occhi della devastazione delle case dove abitano i nostri concittadini, amici, compagni, parenti, colleghi.

Ma ora il nostro compito è quello di agire. Lo era ieri, lo è oggi, lo sarà domani.

Pensare di tornare ad una rassicurante normalità, dove la pioggia non fa paura, è semplicemente impossibile se non cambiamo radicalmente approccio, se non mettiamo in campo una grande operazione di messa in sicurezza del territorio.

Operazioni che significano miliardi, anni di lavoro, disagio, collaborazione tra istituzioni locali, regionali, nazionali ed europee, significano lavorare spesso senza consenso politico, fare arrabbiare tante persone, evitare scorciatoie che portano consenso, ma non soluzioni.

Ovvero, tutto il contrario di quello che il Governo sta facendo con tagli agli enti locali che peseranno tantissimo anche sul bilancio del Comune di Bologna.

Insomma, occorre dire la verità e comportarsi di conseguenza: Bologna da sola non è autosufficiente ad affrontare questa sfida.

Ancora una volta, sarebbe più comodo stare nei due piani che fanno egemonia di pensiero in questa polemica infinita di scarico di responsabilità: è tutto giusto oppure è tutto sbagliato. Puntare il dito. Ancora una volta, ci sottraiamo da queste semplificazioni.

Crediamo che più si consuma questo scontro che sta più nel piano astratto che nella lettura delle contraddizioni reali, più aumenteranno le persone che hanno sfiducia nella politica, nelle istituzioni, nella capacità di risolvere concretamente i problemi e affrontare le sfide del nostro tempo.

Sappiamo bene da che parte stare: oggi a livello locale e regionale si fa sempre più forte l’autocritica sui modelli di sviluppo, urbanistici, infrastrutturali. Un’assunzione di responsabilità che non può essere solo di facciata. Per noi lo spazio dell’autocritica è lo spazio della discontinuità, nella piena consapevolezza che non è affatto scontato che ci siano le condizioni per prendere, realmente, decisioni drastiche. Le dobbiamo creare queste condizioni, lottare per ottenerle, ognuno con i mezzi e i ruoli che ha, dentro e fuori le istituzioni.

Rivedere le priorità significa tenere assieme rigore scientifico e visione politica, assumere che la crisi climatica impone tempi non compatibili con quelli ordinari delle pubbliche amministrazioni, con i dibattiti sulle grandi opere stradali e autostradali che durano anni, decenni, progetti che vengono rinnovati, migliorati, adattati per poi diventare comunque vecchi prima della partenza dei cantieri e per i quali vanno cercate le risorse a causa dei rincari.

Siamo sicuri, ad esempio, alla luce di tutto questo, che ancora oggi l’allargamento del Passante di mezzo sia davvero una priorità? È una domanda alla quale non si possono dare risposte scontate, superficiali, di mero posizionamento. Non ci è mai sfuggito che anche il Passante esistente rappresenti un problema per la salute dei/delle bolognesi e per i tempi di vita delle persone, che le opere di mitigazione e compensative che abbiamo chiesto sarebbero necessarie anche senza la nuova opera. Crediamo e abbiamo chiesto che a condizioni oggettive mutate, a quasi 10 anni dalla Valutazione d’Impatto Ambientale, sia necessario fare una nuova analisi della realtà.

Adattamento, gestione del rischio, riduzione delle emissioni. Queste sono le priorità, pur sapendo che non viviamo in una bolla o in un pianeta a sé. Le alluvioni non si producono dalle nuvole di Fantozzi, che appaiono improvvisamente sopra le nostre teste come fossero un dispetto: le alluvioni colpiscono la Sicilia, le Marche, la Toscana, la Liguria, l’Emilia Romagna, tutto il nord Europa, ma anche il Sahara. Le centinaia di vittime nella provincia di Valencia sono una strage che non può non imprimersi indelebilmente nelle nostre menti.

Ragioniamo da comunità, non scarichiamo sugli altri le contraddizioni del nostro territorio. Bologna, rispetto al resto della Regione e a tutte le altre metropoli italiane, è la città più virtuosa a livello ecosistemico e per consumo di suolo, secondo l’ultimo rapporto di Legambiente, eppure ci dobbiamo battere affinchè la modifica, che anche noi abbiamo chiesto, della Legge 24/2017 soddisfi veramente le aspettative che abbiamo da essa..

Ma Bologna ha anche l’aeroporto più impattante dal punto di vista della salute e del rumore: un sistema Regionale non serve a far diventare gli altri aeroporti come quello di Bologna, ma a rendere sostenibile ciò che oggi non è sostenibile dal punto di vista infrastrutturale e ambientale. Dobbiamo rafforzare il ruolo pubblico e la collaborazione fra tutte le istituzioni che hanno quote nella società aeroportuale e non hanno sempre remato, con la stessa convinzione, dalla stessa parte.

Non dobbiamo quindi farci prendere dall’eco-catastrofismo o dalla necropolitica, dobbiamo, al contrario, trovare la passione necessaria per poter cambiare il paradigma in cui siamo, letteralmente, immersi. Una passione che ci fa tessere alleanze e complicità.

Vorremmo che gli angeli del fango potessero spalare via guerre e genocidi, sovranismi e neo-fascismi, antiscientismo, individualismi, speculazioni finanziarie. Ma gli angeli del fango non esistono, siamo tutte e tutti noi, con le nostre contraddizioni, i nostri limiti, le nostre differenze e conflittualità, ma la voglia di non mollare mai.

 

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