Lo sciopero – si sa – è un’astensione collettiva dal lavoro per un fine comune. Si tratta di un diritto individuale ad esercizio collettivo, la cui attuazione interrompe il sinallagma contrattuale: detto in termini più semplici, chi sciopera NON lavora, rinunciando, in tal modo, alla retribuzione.
Ebbene, anche oggi è stata una giornata di sciopero, ma tutto particolare: si tratta del primo sciopero dell’alternanza scuola-lavoro, proclamato dall’unione degli studenti insieme a molte associazioni e realtà studentesche, attive anche sul territorio bolognese.
Come ricorda l’UDS nel suo documento “Diritti non piegati”, l’alternanza scuola lavoro entra per la prima volta nelle scuole italiane nel 2005 con il decreto n. 77, voluto dall’allora Ministra dell’Istruzione Moratti, che istituiva l’alternanza in via sperimentale e non obbligatoria per gli studenti degli istituti tecnici e professionali. La legge 107, come noto, ha reso obbligatoria l’alternanza scuola-lavoro, fissandone la soglia minima in 200 ore per i licei, 400 per gli istituti tecnici professionali, con la possibilità di effettuarla anche nei periodi di sospensione didattica (ovvero durante le vacanze). L’imposizione repentina di un monte ore così elevato assieme alla mancanza di uno statuto delle studentesse e degli studenti in alternanza scuola-lavoro ha portato a numerosi paradossi e casi limite, emersi in numerose inchieste: quella di UDS su un campione di 15mila studenti e svariate inchieste giornalistiche di cui si è letto in questi giorni, in Italia e a Bologna.
Come scrive Roberto Ciccarelli : “l’indignazione e lo sconcerto per questo esperimento di massa stanno crescendo nella società italiana. Nei giorni scorsi è stato registrato il caso dello studente che si è rotto una tibia mentre guidava un muletto a La Spezia. C’è stato quello dei ragazzi di Viterbo cooptati per servire a una festa del Pd; le ragazze violentate in un centro estetico di Monza; gli studenti di Avellino a cui è stato chiesto di versare 200 euro per coprire le spese dei trasporti“.
Ma non basta. Il Miur ha dato vita a “I Campioni dell’Alternanza’”: un accordo tra MIUR e aziende come McDonald’s, Zara e Eni che mettono a disposizione fino a 27.000 posti in cui fare l’alternanza scuola-lavoro, aziende che come sappiamo bene non hanno nulla da offrire sul piano formativo ma anzi, risultano dannose, proponendo un modello di sviluppo non sostenibile, come nel caso di Eni, e un modello di lavoro precario e sottopagato. Ecco quindi come l’Alternanza scuola-lavoro perde completamente quel valore formativo essenziale per rendere effettivamente utile quest’esperienza: come può esserlo un’attività che esclude a priori un qualsiasi collegamento con i programmi che si fanno a scuola? Per non parlare dell’impreparazione delle scuole medesime, che le scule denunciano per prime. Ecco come l’alternanza scuola-lavoro da “metodologia didattica” diviene inserimento anticipato nel mondo del lavoro. Tra i campioni dell’alternanza c’è tuttavia, da qualche giorno, un supercampione, proprio qui a Bologna: insomma, un campione più fico degli altri. Fico Eataly World, il parco dell’agroalimentare di prossima inaugurazione il 15 novembre, insieme a Randstad, colosso multinazionale del lavoro interinale, ha attivato un maxi-progetto che coinvolgerà ben ventimila studenti da duecento scuole italiane per 300.000 ore di alternanza. Il progetto reca una denominazione di buon gusto, trattandosi di un parco agroalimentare – “Un giorno da Fico” (sic!) – prevederà in una prima fase visite del personale Randstad nelle scuole per “illustrare le tenenze del mercato del lavoro e proporre un tour virtuale di Fico”; successivamente la realizzazione di alcune attività da parte degli studenti, la cui natura è ancora poco chiara.
Questo paese è bloccato da 40 anni sul piano delle politiche pubbliche per l’impiego. Ma la vera brillante ricetta del nostro tempo è il lavoro gratuito. Se durante Expo a Milano ci chiedevamo come fosse possibile promuovere e fare accettare a giovani e giovanissimi lavoro non pagato, oggi, alla vigilia dell’apertura della Dysneyland del cibo, risulta persino normale che siano annunciate con toni trionfalistici oltre 300mila ore di lavoro gratuito, per circa 20mila studenti di 200 scuole non solo bolognesi, visto che sono ormai tante e consuete le forme di lavoro gratuito, più spesso obbligatorio che volontario. Noi di Coalizione civica lo troviamo sconcertante. E poi attenzione: come ha spiegato una studiosa del calibro di Francesca Coin, i fondi messi a bilancio per i giovani non sono mai per i lavoratori giovani, ma per le imprese che offrono loro lavoro gratuito: è per questo che con lo sciopero di oggi si rivendica, tra le altre, il ritiro degli sgravi fiscali per le aziende. In definitiva, la mobilitazione odierna è un grido di protesta contro lo scambio scellerato tra lavoro retribuito e lavoro gratuito, incentivato dallo stato per alimentare l’illusione di una performance positiva del mercato del lavoro a valle del Jobs Act, rispondendo, nel modo peggiore possibile, al tatto di disoccupazione giovanile che sfiora il 40%.
Oggi abbiamo interrogato su questo l’Amministrazione di Bologna. Avendo la vicesindaca Marilena Pillati rammentato il ruolo formativo dell’alternanza scuola-lavoro ed avendo la medesima sottolineato la necessità che i PERCORSI formativi siano ADEGUATAMENTE PROGETTATI E MONITORATI, con relativa disponibilità del Comune a rendersi disponibile per collaborare a tale fine, pur senza sostituirsi all’autonomia scolastica, abbiamo annunciato la richiesta di una Udienza Conoscitiva che sia finalizzata a responsabilizzare il mondo delle imprese, ascoltando le rivendicazioni sindacali, incluse quelle alla base dell’odierna mobilitazione, tra cui spicca la richiesta di uno “Statuto dei diritti degli istudenti in alternanza scuola-lavoro ed un codice etico per le imprese”.