COMUNICATO STAMPA

Al ricatto politico e finanziario sul gas non possiamo rispondere con ricette novecentesche e che hanno contribuito ad alimentare un sistema che ci ha portato fino a qui, ovvero la dipendenza dai combustibili fossili.
La dinamica che ha scatenato la crisi energetica è chiara: da un lato Putin stringe il cappio al collo dell’Europa, che pagando il suo gas finanzia la sua guerra, dall’altro gli speculatori finanziari e le compagnie energetiche fanno miliardi sulla nostra pelle e alzano virtualmente il prezzo del gas senza che esso sia prodotto realmente dal meccanismo dell’incrocio tra la domanda e l’offerta.
Il gas liquido che compriamo dagli USA (che costa ogni giorno sempre di più) da rigassificare a Ravenna non prima del 2024 e il gas algerino (che forse riuscirà ad aumentare di flusso tra qualche anno) non risolveranno il problema di approvvigionamento e nemmeno la crisi economica, ma contribuiranno solamente a rimandare le scelte più radicali e necessarie per la transizione ecologica.

In vista di un autunno duro, dove rischiamo il razionamento del gas e danni economici persino peggiori di quelli causati dalla fase più acuta della pandemia da covid-19, sono questi i fronti su cui applicare misure urgenti: da un lato vietare gli extraprofitti (dunque recuperarne e redistribuirne la totalità), fissare un tetto al prezzo del gas (misura di per sé comunque non sufficiente), colpire la speculazione finanziaria e slegare il prezzo dell’elettricità da quello gas; dall’altro mettere in campo un piano nazionale di investimento sulle rinnovabili senza precedenti, che sburocratizzi e allenti anche molti vincoli ad oggi esistenti sui superbonus, centri storici compresi.
Il Portogallo ci dimostra che è possibile.

Le misure che perseguono ancora la dipendenza dal fossile sono dunque più pragmatiche solo all’apparenza. Sembra un film dell’orrore, invece ci troviamo a discutere di centrali a carbone, trivellazioni, rigassificatori, centrali nucleari (come se potessimo attivarle da un giorno all’altro), quando invece dovremmo adoperarci per uscire dal fossile il più presto possibile, pena la sopravvivenza degli ecosistemi e la stabilità del nostro sistema produttivo.
Dovremmo approfittare della crisi energetica per intensificare gli sforzi e compiere la transizione energetica verso le rinnovabili non più rimandabile.

In Emilia Romagna possiamo dare il buon esempio, a partire dal predisporre con urgenza i provvedimenti attuativi della legge regionale sulle comunità energetiche.
A Bologna vogliamo raggiungere la neutralità carbonica nel 2030, in Regione possiamo rinunciare ad un nuovo rigassificatore.
Usciamo dall’economia di guerra. Ci vediamo a Ravenna.

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