Questa è una storia che vogliamo raccontare perché spesso abbiamo parlato di Memoria…ma quanto tempo bisogna tornare indietro per aver bisogno di “ricordare”? Il 23 aprile eravamo nella città di San Marco in Lamis in provincia di Foggia, tra il pubblico che ha assistito alla nascita del Presidio Cittadino di Libera. Uno spazio dedicato alla memoria dei fratelli Luciani, aperto alla costruzione di percorsi di antimafia e di giustizia sociale. Ma chi erano Aurelio e Luigi? Erano due fratelli, due padri, due mariti, due figli, due agricoltori. Nati qui.
Probabilmente non avremmo mai sentito parlare di loro, non avremmo mai raccontato della loro onestà, della dedizione alla terra che coltivavano, dell’amore che provavano verso le loro famiglie. Delle storie belle e coraggiose non si parla mai. Oggi, invece, sappiamo chi erano.
Con la loro brutale scomparsa tutta l’Italia ha “scoperto” la situazione emergenziale della mafia in Gargano.
Per anni in Gargano tutti si sono chiesti come mai sembrassero passare nel silenzio assoluto qualche negozio o attività commerciale saltato per aria, le rapine, i furti, i soprusi del criminale di turno.
Per troppo tempo si è liquidata la violenza di una faida tra famiglie che dura da più di 30 anni con un semplice “tanto si ammazzano tra di loro”.
Invece il 9 agosto 2017, nell’agguato messo in atto per uccidere il boss Mario Luciano Romito ed il cognato Matteo De Palma , sono stati uccisi anche due uomini onesti. I fratelli Aurelio e Luigi Luciani. Assassinati probabilmente perché testimoni scomodi. Sono stati uccisi a colpi di kalashnikov e fucile calibro 12, si disse, per essersi trovati “nel posto sbagliato, al momento sbagliato”. Questa frase è subito messa sotto accusa durante l’assemblea. Non erano Aurelio e Luigi ad essere nel posto sbagliato. Loro erano come sempre al lavoro, agricoltori per scelta, in un territorio che amavano, per sé stessi, per le loro famiglie, per un figlio in arrivo.
E’ la mafia, sempre e comunque nel posto sbagliato. E questo è un territorio martoriato da una criminalità feroce e sottovalutata, che nella relazione redatta al Parlamento dalla Direzione Investigativa Antimafia viene definita la “Quarta Mafia”. Una mafia riconosciuta dopo troppi morti.
Sasy Spinelli, referente provinciale di Libera Foggia, spiega: – “Quello di San Marco, in particolare, giunge a costituzione dopo un percorso di formazione e conoscenza partito subito dopo il giorno in cui furono uccisi i fratelli Luciani, in un attentato che ha sconvolto e scosso l’intera comunità. I cittadini si sono attivati per essere accanto ai familiari e non far vincere il silenzio e la paura”.
All’assemblea hanno partecipato i familiari dei Luciani, impegnati direttamente nel gruppo fondativo, la vice-presidente di Libera, Daniela Marcone, ed il referente di Libera Puglia, Mario Dabbicco, il Sindaco Michele Merla e l’Amministrazione Comunale, le forze dell’Ordine, l’Arci sia provinciale che cittadina “Pablo Neruda”, l’azione cattolica, gli scout, la coldiretti, gli istituti scolastici ed i nuovi soci, che hanno presentato il patto di presidio ed è stato eletto il primo referente cittadino Ludovico Delle Vergini, che ha condiviso con noi alcune riflessioni: – “Ci impegniamo ad incoraggiarci, a vincere lo sconforto, a non farci inghiottire dal tempo ma a gestirlo e a viverlo, ci impegniamo a restare uniti, a vincere la paura con la forza del gruppo perché chi non ha paura muore una volta sola e non tutti i giorni. Il presidio deve con forza contrastare la MAFIOSITA’, che purtroppo ci contraddistingue culturalmente. La mafiosità è un atteggiamento ed un modo di porsi rispetto all’altro e al bene comune. La mafiosità è l’egoismo dell’essere, è considerare il proprio spazio e il proprio tempo più importanti dello spazio e del tempo dell’altro. E’ il dare per scontato che tutto vada bene, se va bene a me. Nessuno di noi si deve sentire esente. Nessuno di noi può permettersi di pensare che educare tocchi a qualcun altro. Tutto questo come??? Informando, sensibilizzando, confrontandosi, leggendo, sempre conservando e mantenendo viva la MEMORIA. Conservare la memoria non significa commemorare e tanto meno significa ricordarsi del problema nei giorni delle ricorrenze. Ricordarsi dell’olocausto il 27 gennaio, della liberazione dal nazifascismo il 25 aprile, delle donne l’8 marzo. Le date dovrebbero servire per fare sintesi e confronto sul lavoro svolto durante i precedenti 12 mesi. Conservare la memoria significa elaborare e studiare il passato per comportarsi diversamente nel presente e quindi non riproporre in futuro gli stessi errori. Conservare la memoria significa educare noi e i nostri figli alla consapevolezza degli errori passati. Quindi, Impegno e memoria per sentirci e riprenderci CASA NOSTRA”
Il momento più toccante è stato quello in cui la voce di Arcangela Petrucci, vedova di Luigi Luciani e cognata di Aurelio, ha sovrastato i presenti con il ricordo di suo marito e del maresciallo dei carabinieri Vincenzo Carlo Di Gennaro, assassinato pochi giorni prima in un paese vicino, Cagnano Varano.
Trascriviamo parte del suo intervento dall’ articolo di Massimiliano Nardella, direttore di Foggia Today (articolo e video integrale al link https://bit.ly/2IRg5XI )
“Se vogliamo veramente cambiare questa nostra realtà, abbiamo bisogno della vicinanza e della collaborazione dell’intera comunità, di tutte le istituzioni, nessuno escluso. Perché altrimenti il rischio è che ad ogni passo una nuova tragedia ci ributterà giù, nello sconforto più totale. Ed è quello che è successo a me nove giorni fa, quando il mio dolore è emerso ancor di più, ancor più forte. 13 aprile 2019, un sabato in apparenza come tanti, ad un certo punto leggo: Cagnano Varano, ucciso maresciallo capo dei carabinieri Vincenzo Carlo Di Gennaro, considerato da tutti un uomo buono, un uomo che ha messo sempre a disposizione dell’intera comunità la sua grande umanità e professionalità. E subito dopo tutto l’elenco delle vittime innocenti, che solo a pronunciare la frase mi vengono i brividi. Ognuno di loro è morto barbaramente in circostanze diverse, in momenti diversi. Sì, se vogliamo tutto è diverso ma il finale, quello che conta veramente è sempre lo stesso: un altro innocente che muore. Quanti innocenti ancora devono morire, quanti? Quanti innocenti ancora devono morire prima che la dura risposta dello Stato sia sempre presente, costante ovunque. Sicuramente dopo il 9 agosto 2017 è stato fatto tanto, ma probabilmente quel tanto è ancora poco. Quanti innocenti ancora devono morire prima che tutti i politici smettano di stare lì a discutere e a litigare tra di loro. Io stasera voglio dare fiducia a tutti perché sono convinta che ognuno di loro ha grandi idee e tanti propositi. E allora, perché non metterli in pratica, perché non unirsi, perché non collaborare. Perché qui non si tratta solo di decidere se sistemare o meno una buca su una strada, qui si tratta di decidere le sorti di noi cittadini, di noi esseri umani. Qui si tratta della nostra vita, di ridare dignità alla nostra terra. Quanti innocenti ancora devono morire prima che noi cittadini abbattiamo veramente e definitivamente quel muro d’omertà dietro al quale troppo spesso ci nascondiamo?”