Siamo state molto orgogliose di essere cittadine bolognesi il giorno in cui il nostro Sindaco Matteo Lepore ha esposto la bandiera palestinese dalla facciata di Palazzo d’Accursio.
Una scelta giusta, inedita in Italia, per la quale il Sindaco ricevette attacchi pesantissimi e la nostra convinta difesa e solidarietà. Per noi rappresentava la dichiarazione della nostra città di volersi schierare per la Pace, la non violenza e la salvaguardia dei diritti umani, la scelta di posizionarsi dalla parte giusta della storia.
Erano già passati diversi mesi dal 7 ottobre e anche dall’esposizione dello striscione per il cessate il fuoco, erano i giorni dell’invasione di Rafah ed era già uscito il nuovo rapporto su Gaza, presentato al Consiglio Onu dei diritti umani dalla Relatrice speciale delle Nazioni Unite Francesca Albanese, che dettagliava ci fossero ragionevoli motivi per ritenere che la soglia indicante la commissione di un genocidio da parte di Israele fosse stata raggiunta.
Contestualmente a quella scelta il Sindaco Lepore rivolse un messaggio a tutti i cittadini israeliani e ai componenti della comunità ebraica assicurando che quando Israele si sarebbe fermato e “quando sarà ripristinato pienamente il diritto internazionale” avrebbe esposto “accanto alla bandiera palestinese anche quella israeliana”.
A seguito dell’annuncio del cessate il fuoco, bombardamenti israeliani hanno ucciso 83 palestinesi a Gaza. Mentre scriviamo in queste ore convulse e piene di tensione, ma anche di speranza, dopo che abbiamo visto apparire la bandiera israeliana accanto a quella della pace e quella palestinese a Palazzo d’Accursio, altri bombardamenti hanno ucciso 13 palestinesi.
Non dubitiamo che il Sindaco sia mosso da buone intenzioni e dall’auspicio che si arrivi a una pace duratura, ad un riavvicinamento, alla promozione del dialogo. Tuttavia non condividiamo questa scelta: il diritto internazionale non è stato affatto pienamente ripristinato.
La tregua è appena entrata in vigore e la nostra speranza è che non ci siano più morti, che i prigionieri palestinesi vengano rilasciati, che gli ostaggi israeliani possano tornare vivi a casa, che gli aiuti umanitari possano finalmente entrare nella Striscia, dunque che gli accordi vengano rispettati. Le scene di festeggiamenti nella Striscia e le migliaia di persone scese in Piazza a Tel Aviv mostrano l’insopportabilità di questa atrocità, gridano “basta”.
Ma vogliamo anche che Gaza non sia più un carcere a cielo aperto, che i palestinesi possano tornare nelle loro case senza vederle bombardate di nuovo tra qualche settimana, che anche la Cisgiordania non sia costantemente sotto attacco, che vengano smantellate le colonie e risarcito chiunque abbia subito danni a causa degli atti illegali commessi durante l’occupazione.
La Palestina non è nemmeno riconosciuta internazionalmente come Stato, le risoluzioni ONU nel corso dei decenni sono state costantemente violate da Israele nella totale impunità e complicità dei paesi occidentali, compresa l’Italia che non ha votato le molte risoluzioni ONU che chiedevano il cessate il fuoco in questi mesi.
Crediamo che i crimini di guerra commessi da Hamas e da Benjamin Netanyahu debbano essere perseguiti come suggerisce la Corte Penale Internazionale, crediamo al contrario del nostro Governo che se il premier israeliano mettesse piede sul suolo italiano dovrebbe essere arrestato e accusato di genocidio, per avere bombardato ospedali, campi profughi, ucciso quasi 50.000 persone e ferite più di 100.000, tra cui tantissimi bambini spesso bruciati vivi in mondovisione.
Netanyahu ieri ha rilasciato dichiarazioni del seguente tenore per rassicurare i membri del suo governo contrari alla fine della guerra: “il cessate il fuoco approvato è temporaneo, ci riserviamo il diritto di tornare in guerra” e che “l’accordo esistente consente a Israele di tornare a combattere sotto garanzie americane, ricevere le armi e i mezzi di guerra di cui ha bisogno, massimizzare il numero di ostaggi viventi che saranno rilasciati, mantenere il pieno controllo della rotta Filadelfia e il cuscinetto di sicurezza che circonda l’intera Striscia di Gaza e ottenere risultati tali da garantire la sicurezza di Israele per generazioni”.
Non ci sembrano frasi che preludano a un impegno instancabile per mantenere la pace.
Vogliamo veder finire una delle pagine più cruente della storia di questo secolo. Vogliamo credere con tutte noi stesse che ci arriveremo, ma non siamo ancora davanti alla Pace anche se la tregua può rappresentare un passo. Dobbiamo credere alla Pace quanto ai pari diritti, all’eguaglianza, libertà di autodeterminazione, il rispetto dei diritti umani.
Facciamo nostre le parole della segretaria generale di Amnesty, Agnès Callamard “Se le cause di fondo del conflitto non saranno affrontate, non ci sarà speranza per un futuro migliore”.
Le bandiere possono rappresentare la complessità di un popolo oppure essere usate per commettere i peggiori crimini, possono essere sporche di sangue e piantate sopra le macerie di una terra o una casa colonizzata, possono essere sventolate in una piazza per protestare contro il proprio governo in nome della libertà. Possono essere la bandiera dell’oppresso o quella dell’oppressore.
Confidiamo che il 24 gennaio, all’Assemblea Regionale degli Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani dell’Emilia Romagna, questi elementi saranno tenuti in considerazione per costruire insieme una cultura di pace di cui abbiamo infinito bisogno.