RIVEDI L’INCONTRO DEL 27 FEBBRAIO
Il documento a cura dei gruppi Salute e Welfare di Coalizione Civica Bologna in vista del seminario Il territorio e la cura che si terrà sabato 27 febbraio dalle 10 alle 13. Hai tre modi di per seguirlo in diretta:
- Dalla pagina Dialoghi con la città: Il territorio e la cura
- Sul nostro canale Youtube
- Dalla nostra pagina Facebook
Un nuovo modello di presa in carico delle persone non autosufficienti
E’ possibile immaginare un nuovo modello di presa in carico delle persone non autosufficienti o a rischio di isolamento non solo per fasce di età o per patologia, ma per dimensione territoriale sub quartierile, in un’ottica di reale integrazione socio-sanitaria?
La messa in rete ed il coinvolgimento attivo delle risorse della comunità possono rappresentare una solida base per promuovere la salute e la prevenzione, facendo perno sulle Case della salute ed altri spazi del territorio?
Quali azioni e figure sono necessarie per rendere il sistema socio-sanitario in grado di supportare le famiglie nella progettazione di risposte adeguate ai bisogni in evoluzione di persone anziane e disabili e garantire continuità assistenziale nell’ambito della filiera dei servizi?
Il sostegno qualificato ai caregiver e lo sviluppo dell’investimento nell’assistenza domiciliare integrata e dei percorsi di sollievo temporaneo possono favorire un minor ricorso a soluzioni residenziali e a ricoveri ospedalieri?
Il potenziamento del ruolo dell’ente pubblico nelle attività di progettazione, indirizzo e controllo, nonché nella gestione sanitaria delle residenze per anziani, può elevare la qualità del servizio?
La riduzione nell’ambito del sistema di accreditamento – della capienza massima delle strutture residenziali, il consistente ampliamento del numero di stanze singole e l’incremento delle attività di animazione, del sostegno psicologico e dell’integrazione nel territorio possono contribuire al miglioramento della qualità della vita?
Premessa
In Italia si assiste oramai da alcuni decenni al fenomeno dell’invecchiamento della popolazione residente, determinato sia dall’innalzamento delle aspettative di vita sia dalla riduzione delle nascite. Contestualmente assistiamo altresì ad un aumento delle persone con disabilità, connesso con il miglioramento della qualità della vita e l’incremento della longevità. Nello stesso tempo la struttura familiare tipica ha assunto dimensioni sempre più ridotte e l’età pensionabile è andata via via aumentando, riducendo così la disponibilità temporale dei potenziali caregiver. Le risorse economiche a disposizione delle famiglie si sono ridotte mentre le risorse pubbliche dedicate ai servizi socio-sanitari non sono aumentate, sebbene in presenza di un incremento della domanda. In sostanza, nell’ultimo decennio i bisogni delle persone non autosufficienti sono aumentati a fronte di un calo delle risorse complessivamente disponibili per farvi fronte.
E’ necessaria una profonda innovazione del modello organizzativo e gestionale del sistema dei servizi, che consenta un modello di presa in carico delle persone non autosufficienti o a rischio di isolamento non solo per fasce di età o per patologia, ma a livello territoriale, in un’ottica di reale integrazione socio-sanitaria. Si tratta di favorire lo sviluppo di territori ‘solidali’, di piccole dimensioni, in cui le risorse pubbliche, del privato sociale e della comunità siano attivamente coinvolte ed integrate nella promozione della salute e della prevenzione, facendo perno sulle Case della salute ed altri spazi del territorio.
I bisogni delle persone non autosufficienti e delle loro famiglie e le priorità di intervento
I principali bisogni della popolazione non autosufficiente sono connessi con le seguenti dimensioni: la socialità, l’orientamento e la presa in carico, il supporto alla domiciliarità, l’assistenza residenziale e semiresidenziale, la qualità della vita. Di seguito si approfondiscono i bisogni individuati e le correlate priorità di intervento.
1. Il bisogno di socialità e la costruzione e il rafforzamento delle reti sociali
Il bisogno di socialità
La solitudine è un denominatore comune di grande rilievo tra gli anziani, così come tra i disabili. In primo luogo, l’isolamento sociale, la mancanza di reti primarie e secondarie a cui riferirsi e da cui avere un sostegno anche solo affettivo incide sullo stato psicologico della persona non autosufficiente e può portare con sé l’insorgere di stati depressivi e, con essi, una maggiore propensione allo sviluppo di disturbi cognitivi. In secondo luogo, la povertà relazionale è una determinante essenziale della condizione di fragilità. In assenza di una rete sociale, l’anziano e la famiglia che assiste un disabile spesso faticano a prendere piena consapevolezza del cambiamento della propria condizione, a esprimere una richiesta di aiuto e ad intercettare le opportunità di sostegno disponibili.
La costruzione e il rafforzamento delle reti sociali
Il coinvolgimento attivo delle risorse della comunità può favorire la prevenzione delle situazioni di fragilità e l’intervento sulla ‘zona grigia’ dei bisogni, facendo perno sulle Case della salute ed altri spazi del territorio. In tal senso è opportuno attivare figure intermedie dedicate, capaci di mettere in rete le risorse della comunità; creare luoghi ed esperienze di comunità trasversali ai ‘target’; realizzare interventi di sensibilizzazione culturale della comunità verso la responsabilità sociale; sostenere interventi territoriali tesi a favorire la stimolazione cognitiva e culturale nonché il mantenimento delle abilità motorie.
In sostanza, si tratta di lavorare verso la responsabilizzazione degli attori del territorio nel promuovere la salute e la prevenzione, nonché di sostenere la costruzione e lo sviluppo di spazi pubblici territoriali volti a intessere la rete sociale informale e la costruzione di reti di collaborazione.
2. Il bisogno di orientamento e presa in carico e la continuità assistenziale
Il bisogno di orientamento e presa in carico
Si evidenzia sia la difficoltà di far emergere bisogni e richieste di aiuto e di farli pervenire ai servizi dedicati, sia la difficoltà delle famiglie ad orientarsi all’interno del percorso di presa in carico. L’orientamento rispetto ai servizi residenziali risulta particolarmente complesso per la famiglia, che spesso – di fronte all’ampiezza dell’offerta – favorisce la vicinanza territoriale senza valutare altri aspetti. La condizione di urgenza vissuta, così come le implicazioni emotive dell’inserimento di un proprio familiare in una struttura residenziale, non risultano di aiuto.
Le famiglie, inoltre, hanno spesso necessità di un supporto nella presa in carico del bisogno e nella ricomposizione delle risorse disponibili per rispondervi in maniera adeguata. In Italia infatti più della metà della spesa pubblica per gli anziani è costituita da interventi capillari di integrazione al reddito, perlopiù – come nel caso dell’indennità di accompagnamento erogata dall’Inps – non vincolati ad un utilizzo specifico. D’altra parte, l’ente pubblico che invece supporta la presa in carico e modula le politiche di intervento governa meno della metà delle risorse. La famiglia si trova quindi nella difficile condizione di dover fare in proprio la ricomposizione delle risorse e di dover elaborare pressoché autonomamente le proprie strategie di azione. In una situazione similare si trovano le persone disabili e le loro famiglie.
Orientamento, presa in carico e continuità assistenziale
Alla luce della difficoltà di orientamento nel sistema dei servizi, appare necessario supportare le famiglie nella lettura del bisogno e nella progettazione delle risposte, tenendo conto di tutte le risorse a disposizione, che siano pubbliche o private, istituzionali o informali, familiari o meno (ad esempio mediante lo strumento del budget di salute).
Inoltre, considerare la persona al centro del sistema dei servizi significa considerare bisogni e potenzialità nella loro complessità e, soprattutto, nella loro evoluzione. E’ necessario infatti garantire continuità assistenziale nell’ambito della filiera dei servizi, mediante la presenza di una figura di riferimento (case manager), in grado di effettuare un monitoraggio dell’evoluzione dei bisogni e di implementare una regia nella definizione dei percorsi assistenziali, costruendo ponti tra i diversi servizi.
L’orientamento nel sistema dei servizi, così come la garanzia di continuità assistenziale richiedono, tra l’altro, un forte investimento nei servizi sociali territoriali, in termini di ampliamento del personale e di qualificazione.
Un tassello fondamentale per la costruzione di percorsi di continuità assistenziale è la possibilità di lavorare per superare la frammentazione del sistema dei servizi e favorire l’integrazione socio-sanitaria, che può essere promossa mediante la definizione di spazi fisici e virtuali di co-progettazione e coordinamento, nonché la costruzione di momenti formativi, volti a favorire la collaborazione e il coordinamento tra servizi differenti.
3. Il bisogno di supporto alla domiciliarità e la rete di cure territoriali
Il bisogno di supporto alla domiciliarità
Le difficoltà economiche incontrate dalle famiglie nonché le liste di attesa per l’inserimento in un percorso di residenzialità sostenuto da un contributo pubblico rinforzano la scelta di mantenimento a domicilio dell’anziano non autosufficiente. D’altra parte l’innalzamento dell’età pensionabile, la riduzione dell’ampiezza delle famiglie, nonchè l’incremento della gravità delle condizioni sanitarie degli anziani rendono tale scelta maggiormente complessa e impegnativa.
In modo similare, il legame affettivo con il parente disabile e la consapevolezza dell’essenzialità del proprio supporto rendono complessa la scelta di inserimento in residenza e contribuiscono al permanere del disabile presso l’abitazione familiare, sino a giungere in alcuni casi a condizioni di insostenibilità psico-fisica dell’assistenza presso il domicilio.
L’assunzione – in regola o meno – di un’assistente domiciliare (badante) rappresenta spesso la scelta privilegiata. In Emilia Romagna, infatti, si stima che la copertura del bisogno assistenziale di anziani non autosufficienti con un’età superiore ai 75 anni avvenga per il 62% con l’utilizzo dei servizi informali (badanti).
Si evidenzia quindi il bisogno di un supporto nella scelta dell’assistente familiare e nella gestione del rapporto, nella formazione della persona individuata e, soprattutto, nel supporto qualificato per particolari interventi assistenziali o in caso di aggravamento delle condizioni sanitarie. In assenza della famiglia è altresì fondamentale riuscire a mettere in campo un monitoraggio periodico sull’operato dell’assistente familiare.
Anche nel caso in cui il caregiver sia un familiare è evidente il bisogno di formazione e di un supporto qualificato assistenziale ed eventualmente infermieristico e fisioterapico ai fini del mantenimento dell’anziano al proprio domicilio.
In questo caso, emerge altresì con forza la necessità da parte delle famiglie di ottenere temporaneo sollievo dal carico assistenziale in alcuni momenti della giornata o della settimana e in alcuni periodi dell’anno.
In caso di anziani fragili che vivono soli e senza un adeguato supporto familiare, emerge prevalentemente il bisogno della costruzione di una rete di sostegno formale e informale e di un costante e qualificato monitoraggio.
La rete di cure territoriali
L’emergenza sanitaria ha evidenziato l’importanza – già manifesta ai più – di una rete di cure territoriali solida e diffusa, di cui un tassello essenziale è rappresentato dall’assistenza e dalle cure domiciliari.
L’investimento volto ad ampliare l’offerta di assistenza domiciliare integrata con la presenza di personale infermieristico e riabilitativo risulta di estrema rilevanza per poter perseguire l’obiettivo del mantenimento dell’anziano al domicilio, unitamente alla valorizzazione e integrazione delle risorse di cura del territorio e della famiglia.
Dato l’intenso ricorso ad assistenti familiari, risulta essenziale lo sviluppo di servizi di orientamento e supporto rivolto alle famiglie per la selezione e la gestione del rapporto; l’attivazione di percorsi formativi rivolti ai caregiver e, soprattutto, l’offerta di un supporto qualificato assistenziale e, nel caso, infermieristico e fisioterapico.
Emerge inoltre la necessità – in particolare nel caso in cui il caregiver sia un familiare – di sviluppare, e diversificare nella forma e nella durata, i percorsi di sollievo temporaneo dal carico assistenziale.
Il monitoraggio periodico della situazione dell’anziano e del disabile, sempre necessario, acquisisce un’importanza particolare in caso di persone fragili che vivono sole.
Il supporto alla domiciliarità, la promozione della salute e la prevenzione del decadimento fisico e cognitivo passa anche da una precoce rilevazione dei problemi di carattere sanitario grazie all’apporto dei medici di Medicina Generale. In questa ottica, da un lato, va data la possibilità di concreta applicazione al nuovo contratto dei MMG che prevede la presa in carico integrata delle persone ‘fragili’ che non risultano già in carico ai servizi. Dall’altro, va avviata una collaborazione tra la rete dei medici di base e i Centri di Disturbi Cognitivi, nonché altri servizi specialistici, per filtrare le urgenze ed evitare lunghe attese per chi necessita di una presa in carico tempestiva. Ancora, potrebbe essere studiata la possibilità ai MMG di realizzare alcuni accertamenti di base, affinché possano fare diagnosi e impostare terapie in tempi consoni.
4. Il bisogno di assistenza residenziale e la costruzione di un’offerta diversificata ed appropriata
Il bisogno di assistenza residenziale
Il bisogno di assistenza residenziale viene espresso da anziani che presentano differenti livelli di non autosufficienza e necessità di intensità assistenziale e sanitaria diversificata. Vi è chi entra in una residenza per anziani in alternativa all’assunzione di una badante, chi presenta una situazione sanitaria compromessa, chi ha bisogno di socialità e di vivere in una comunità, chi coniuga una situazione cognitiva labile con una rete familiare rarefatta, chi risulta ‘fuori controllo’, talvolta solo fino all’individuazione della terapia adeguata.
Non sempre però le risposte individuate risultano adeguate al bisogno e all’intensità assistenziale e sanitaria necessaria. Ad oggi non è inusuale infatti che il bisogno di residenzialità che si esprime sul mercato privato non sia differenziato sulla base del livello assistenziale offerto, ma che si esprima perlopiù sulla base della vicinanza territoriale, del livello di conoscenza del sistema dei servizi e, aspetto per nulla trascurabile, del costo degli stessi. D’altra parte, il fatto che Comuni e Azienda Usl gestiscano direttamente la rete delle residenze socio-sanitarie accreditate mentre non si è ancora sviluppato un elevato livello di integrazione con la rete intermedia potrebbe in alcuni casi facilitare l’invio in strutture socio-sanitarie accreditate di anziani in condizione di emergenza sociale che tuttavia necessitano di un’intensità assistenziale ridotta. Un ragionamento similare vale per i disabili adulti e per gli adulti in condizioni di fragilità, considerando altresì che l’offerta residenziale in tale ambito è maggiormente limitata.
Da un lato, quindi, i cittadini si trovano talvolta nell’impossibilità economica di accedere ad una risposta adeguata al bisogno e, dall’altro, il sistema istituzionale di assistenza tende ad offrire una risposta standard – ad elevata intensità assistenziale – a bisogni differenziati.
Assistenza residenziale diversificata
In primo luogo è necessario lavorare per fa si che vi sia – quanto più possibile – corrispondenza tra il bisogno della persona anziana e il livello di intensità assistenziale offerta dalla struttura residenziale in cui la persona viene inserita.
A tal fine è importante realizzare l’integrazione nella rete pubblica anche dei servizi residenziali a bassa e media intensità assistenziale. Il proseguimento – a livello regionale – dell’azione di definizione dei percorsi di qualità nelle case famiglia rappresenta un primo passo necessario, in un momento di emersione di diverse piccole strutture per anziani non soggette a particolari vincoli e controlli stringenti.
In secondo luogo, lo sviluppo delle cure intermedie, tra l’ospedale e il territorio, nonché l’ampliamento della possibilità di usufruire di periodi di sollievo, riabilitativi e post acuzie presso le RSA, tende a scongiurare ospedalizzazioni prolungate e ricoveri ripetuti e inappropriati.
In terzo luogo, nell’ambito dei ricoveri ospedalieri è importante attivare la possibilità di usufruire di un sostegno psicologico e riabilitativo e investire nel mantenimento delle autonomie durante il ricovero. Va infatti tenuto a mente che il 75% delle persone con 75 anni o più che vengono ricoverate in ospedale non è più autonomo alla dimissione, a seguito di allettamento prolungato e inattività fisica, nonché perdita di punti di riferimento e talvolta utilizzo di presidi per l’incontinenza non strettamente necessari.
In quarto luogo, è opportuno potenziare il ruolo dell’ente pubblico nell’ambito della progettazione, dell’indirizzo e del controllo delle attività delle Case Residenza per Anziani e delle Residenze per disabili. Contestualmente, si ritiene necessario valutare seriamente le modalità più appropriate per potenziare il ruolo dell’ente pubblico nella gestione sanitaria. La gestione diretta dell’assistenza sanitaria nelle residenze accreditate per anziani e disabili da parte dell’Azienda USL, attraverso proprio personale, può contribuire ad una migliore integrazione in rete con il sistema sanitario. L’impiego di medici geriatri nelle CRA e di medici specializzati nelle residenze per disabili, alle dipendenze dell’Azienda Usl, permetterebbe di superare – da un lato – le convenzioni con i medici di medicina generale e – dall’altro – l’elevato turnover del personale sanitario assunto da gestori privati.
Una maggiore specializzazione ed integrazione in rete dell’assistenza sanitaria fornita presso le strutture residenziali risponderebbe, altresì, ai bisogni connessi con l’aggravamento delle patologie delle persone ospitate e potrebbe tra l’altro contribuire a ridurre i ricoveri ospedalieri durante il periodo di inserimento nelle residenze.
Infine, si ritiene fondamentale sostenere e agevolare lo sviluppo di strutture per anziani con una capienza ed una strutturazione organizzativa in grado di favorire un livello adeguato di personalizzazione del servizio ed il mantenimento di un clima – per quanto possibile – familiare e comunitario. L’ampliamento del numero di stanze singole potrebbe rispondere sia alla necessità di una maggiore personalizzazione del servizio, sia di una migliore gestione igienico-sanitaria. Al medesimo fine può contribuire l’investimento nella figura dello psicologo, con l’introduzione di un numero minimo di ore da prevedere nell’ambito della normativa sull’accreditamento, lo sviluppo delle attività di animazione e delle attività di integrazione nel territorio.