Oggi in Consiglio Comunale il Partito Democratico ha scelto di respingere un nostro Ordine del Giorno con il quale chiedevamo alla Giunta e all’Assessore Rizzo Nervo di essere conseguenti con le dichiarazioni di pochi giorni fa sull’inadeguatezza della campagna legata al Fertility Day e al Piano Nazionale della Fertilità, ritirando definitivamente l’improvvida adesione dell’Amministrazione Comunale a questa paternalistica campagna promossa dal Ministro Lorenzin.
Dunque il Fertility Day si terrà anche a Bologna, motivato dalla “diversità” della giornata bolognese sostenuta in aula dall’Assessore Rizzo Nervo. Un convegno e non un Villaggio della Fertilità in Piazza Nettuno (almeno questo!).
Ci sembrava già incredibile che Bologna avesse aderito con tanta leggerezza a questa iniziativa, ci pare oggi ancor più incredibile che si perseveri nel partecipare ad una campagna che nei suoi documenti fondativi, e non solo nelle cartoline poi ritirate perché sommerse da un marea di critiche, mostra evidentemente i suoi intenti paternalistici dei quali si possono avere ampi saggi leggendo il documento del Ministero – l’avrà fatto l’Assessore Rizzo Nervo? E l’Assessora Zaccaria?
Ecco un piccolo esempio:
“In passato, l’orologio biologico delle donne era anche la vicina/parente impicciona che chiedeva insistentemente novità alla sposina. Oggi in periodo di comunicazione politically correct occorre spiegare, informare in modo capillare e continuativo, portare a conoscenza delle donne e degli uomini che la fertilità è una curva gaussiana che comincia a scendere molto prima che la donna consideri la questione come una opportunità.”
(http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2367_ allegato.pdf)
Le cittadine bolognesi in età fertile sono avvisate: il 22 settembre anche a Bologna le Istituzioni potrebbero trasformarsi nella vostra proverbiale, impicciona e petulante vicina.
Emily Clancy
Federico Martelloni
La settimana scorsa abbiamo assistito al lancio, da parte del Ministero della Salute, della campagna per la promozione della giornata denominata Fertility Day, parte del Piano Nazionale per la Fertilità. Come tutti sanno, nello spazio di poche giorni, l’iniziativa è stata letteralmente demolita dall’opinione pubblica che pare estremamente più matura dei ministri chiamati a gestire in suo nome la cosa pubblica. Giudicata unanimemente offensiva, inadeguata, imbarazzante, retrograda la campagna è stata oggetto di ironia e parodie, oltre che di serie analisi, che ne hanno decretato il ritiro immediato mettendone in luce tutta le carenza dal punto di vista dell’analisi, del linguaggio, della lettura della trasformazioni sociali e del rapporto tra i generi, le generazioni e la…”generazione”.
Non che manchino in Italia voci autorevoli in ogni settore – dalla medicina alla sociologia, dagli studi di genere all’economia, dalla statistica alla demografia, per non parlare delle migliaia di associazioni di donne che forse avrebbero potuto dare qualche utile consiglio al Ministro Lorenzin per evitarle ed evitarci questa misera figura, ma tant’è.
Per venire a noi: il Comune di Bologna aveva sollecitamente aderito all’iniziativa già qualche settimana fa con delibera del 22 agosto, salvo poi prendere decisamente le distanze al montar delle critiche, seguendo in questo il Presidente del Consiglio Renzi il quale ha sostenuto di non essere a conoscenza di un’iniziativa promossa da un suo ministro. L’assessore Rizzo Nervo ha sostenuto che la campagna pubblicitaria avrebbe mutato radicalmente il volto e la natura dell’iniziativa a cui il Comune aveva dato la sua adesione.
Supponiamo che né Renzi né Rizzo Nervo abbiano letto con un minimo di attenzione i documenti del Piano Nazionale per la Fertilità (per brevità PNF, mai acronimo fu più azzeccato). Se l’avessero fatto avrebbero facilmente potuto immaginare il taglio di una campagna nata da tali premesse. Diremo di più: la campagna non era affatto inadatta o non aderente al PNF, ne era la perfetta espressione in linea con i suoi contenuti e il suo spirito.
Il documento, se non ancora frettolosamente cancellato o sostituito dal ministero, lo trovate qui: http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2367_allegato.pdf
E’ illuminante, soprattutto nella parte di premessa da pagina trenta in poi, parte che dà appunto l’impronta, il taglio che abbiamo poi visto esplicarsi nella riuscita campagna pubblicitaria ora finita nella pattumiera della storia.
Nel riferirsi ai giovani, in particolare alle giovani donne, non “focalizzati” alla procreazione si usano termini come “ripiegamento narcisistico” “incapacità ad assumersi responsabilità” “attitudine adolescenziale”; la messa in relazione relazione “maggior istruzione femminile”/”meno famiglia” risulta posta acriticamente, come un dato di fatto “negativo” in quanto ostativo della messa a disposizione delle giovani alla procreazione; la trattazione dei ruoli di genere è di una disarmante superficialità; si parla di “senso di incompiuto” “senso di perdita e inadeguatezza” accennando alla difficoltà di conciliazione dei ruoli plurimi che le donne si trovano a rivestire e insistendo nemmeno troppo velatamente sulla presunta incompiutezza delle donne non madri o madri “part time”.
Ecco un paio di chicche che citiamo testualmente perché ci pare rappresentino degnamente lo spirito a cui – lo ripetiamo: non sbagliando affatto date queste premesse – i creativi hanno ispirato la campagna pubblicitaria:
“La maternità non è più un destino biologico, pure se recentemente viene desiderata e conquistata oltre i limiti della natura.
Cosa fare, dunque, di fronte ad una società che ha scortato le donne fuori di casa, aprendo loro le porte nel mondo del lavoro sospingendole, però, verso ruoli maschili, che hanno comportato anche un allontanamento dal desiderio stesso di maternità? La collettività, le istituzioni, il competitivo mondo del lavoro, apprezzano infatti le competenze femminili, ma pretendono comportamenti maschili.”
Al ministero è sfuggito che le donne per varcare quella porta hanno a lungo lottato e che nessuno, proprio nessuno, le ha “scortate” se non la loro intelligenza, la loro determinazione e le lotte per le quali dobbiamo ringraziare le nostre bisnonne, le nostre nonne e le nostre madri.
Che fare? Si chiede poi il documento ministeriale. Eccola l’idea! Il Colpo di genio:
“In passato, l’orologio biologico delle donne era anche la vicina/parente impicciona che chiedeva insistentemente novità alla sposina. Oggi in periodo di comunicazione politically correct occorre spiegare, informare in modo capillare e continuativo, portare a conoscenza delle donne e degli uomini che la fertilità è una curva gaussiana che comincia a scendere molto prima che la donna consideri la questione come una opportunità.”
Eccola qua la campagna, bastava leggere fine a pagina 38.
Ma anche senza sforzarsi così tanto qualche dubbio forse poteva sorgere sull’adeguatezza formale e sostanziale di questa iniziativa, dato a che perché a pagina 1 se ne dichiarano gli obiettivi:
“4) Operare un capovolgimento della mentalità corrente volto a rileggere la Fertilità come bisogno essenziale non solo della coppia ma dell’intera società, promuovendo un rinnovamento culturale in tema di procreazione.
5) Celebrare questa rivoluzione culturale istituendo il “Fertility Day”, Giornata Nazionale di informazione e formazione sulla Fertilità, dove la parola d’ordine sarà scoprire il “Prestigio della Maternità”.”
Eccola lì la fertilità bene comune: un insulto ad ogni discorso, anche il più blando, sull’autodeterminazione, oltre che all’intelligenza.
Più che prendere le distanze dalla campagna pubblicitaria, vorremmo che il Comune di Bologna si ponesse, come sarebbe coerente con la sua storia, in una posizione di avanguardia e tutela dei diritti. Vorremmo che si chiedesse a gran voce un piano – FINANZIATO – che fosse intraministeriale, che coinvolgesse il Ministero del Lavoro e del Welfare. Vorremmo si parlasse di disoccupazione e precarietà giovanile, di parità salariale, di sostegni alla genitorialità. Vorremmo si educasse alle condivisione dei compiti di cura, in un paese dove sono le donne a rischiare il posto di lavoro qualora volessero – VOLESSERO – essere anche – ANCHE – madri. Vorremmo si parlasse di educazione sessuale e di genere. Senza questi criteri, ci pare evidente, non si può parlare di contrasto alla denatalità.
Per oggi ci siamo limitati a chiedere con un Ordine del Giorno che il Comune di Bologna ritiri definitivamente la sua adesione al Fertility Day. Il Consiglio non ha approvato, il Partito Democratico non ha approvato. Male.
Emily Clancy
Federico Martelloni
Consiglieri Comunali
Coalizione Civica per Bologna