L’ecologia entra a scuola: come renderla sapere diffuso?

Data / Ora
10/03/2021
17:30 - 20:00
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#dialoghiconlacittà

 

L’ECOLOGIA ENTRA A SCUOLA
come renderla sapere diffuso?

TAVOLA ROTONDA
ONLINE IN DIRETTA sulla pagina FACEBOOK e sul sito di Coalizione Civica
MERCOLEDÌ 10 MARZO DALLE 17.30 ALLE 20.00

ne discutiamo con:
Ferdinando Boero – Ordinario di Zoologia all’Università Federico II di Napoli, estensore della proposta di legge per l’introduzione di corsi di “Sostenibilità, Biodiversità, Ecosistemi” (SBE) in tutti i percorsi di formazione, dalle scuole materne all’università
Luciana Castellina – giornalista scrittrice, ispiratrice della task force Natura&Lavoro
Lorenzo Fioramonti – ex ministro dell’Istruzione, suo il merito di avere introdotto nell’ambito dell’educazione civica le prime ore dedicate all’ecologia
Marco Pollastri – direttore Antartide Centro Studi e Comunicazione Ambientale
Carmelo Adagio – dirigente scolastico, Rete scuole green
Gaia Masullo – Fridays For Future Bologna
Valentina Corona – Extinction Rebellion Bologna
Gaetano Passarelli – docente di fisica alla scuola secondaria di secondo grado
leggi le BIO

interviene Emily Marion Clancy – Consigliera comunale di Coalizione Civica

presenta Giancarlo Vitali Ambrogio – gruppo di lavoro scuola Coalizione Civica
modera Francesco Luca Basile – Aria pesa, coordinatore comitato scientifico educazione civica del Ministro Fioramonti, Coalizione civica

L’ECOLOGIA ENTRA A SCUOLA, come renderla sapere diffuso?

Fare mente locale e riflettere sul valore e il ruolo della scuola pubblica oggi, rischia di costringerci entro il recinto stretto dell’emergenza pandemica e quindi delle soluzioni che essa reclama: ricreare le condizioni di abitabilità sanitaria, lavorativa e di studio nelle scuole di ogni ordine e grado al fine di rendere possibile la ripresa in presenza e in tranquillità della vita scolastica così come la ricordiamo.

Quindi un nuovo piano dei trasporti, nuove fasce orarie, nuove assunzioni sia per l’insegnamento, che per l’amministrazione e le pulizie, nuovi spazi di ricreazione, nuove aule e didattica a distanza solo in emergenza. E infine riprendere il controllo dei tracciamenti contagiosi anche attraverso indagini epidemiologiche rigorose ed estese a tutte le scuole.

Un dibattito che oggi si è sclerotizzato attorno a due parole d’ordine: scuole aperte e in presenza, scuole chiuse e dad in assenza di condizioni di sicurezza. Una contrapposizione fra salute e istruzione non sempre comprensibile, mentre viene piuttosto da chiedersi a che punto sia la medicina territoriale capace di guardare, da dentro, ai plessi scolastici.
Questo è quanto l’oggi delle scuole reclama.

La scuola sospesa fra ricordo e desiderio

La sensazione che la scuola, così come l’abbiamo conosciuta sia “annegata”, è forte.

E siamo preoccupati per le tante ragazze e ragazzi che vivono sulla loro pelle il dramma del dilagare del contagio e del ridursi di conseguenza dei loro spazi di socializzazione e della loro vita sentimentale – le relazioni, gli sguardi, gli abbracci – così importanti a quelle età. Senza contare il degrado della qualità dell’istruzione dovuta alle tante ore-scuola perdute, alle tante ore in dad, alle tante ore da soli o coperte da supplenti in attesa di cattedra.

Ma noi che ci candidiamo a governare la città non intendiamo fermarci qui, sulla soglia dell’emergenza scolastica. Abbiamo buona memoria e non dimentichiamo cosa c’era già prima, ben prima della pandemia.

Moltissime cose buone, certo, molte qualità nei programmi educativi e pedagogici, molta generosità e dedizione da parte di tanti insegnanti e dirigenti scolastici, servizi dignitosi anche se a macchia di leopardo.

Ma anche tante, troppe cose sbagliate, inadeguate, insufficienti, denunciate senza sosta dalle associazioni di genitori, dalle organizzazioni degli insegnanti e dagli stessi movimenti studenteschi: il definanziamento costante e progressivo di tutto il sistema d’istruzione pubblico, dai nidi all’università, fino a “conquistare” in tal senso la coda dell’Europa; coda conquistata anche per i tassi di dispersione scolastica, per la percentuale di laureati, per i salari dei nostri insegnanti; e ancora abbiamo a mente le classi pollaio con 30 e più alunni per classe, alunni certificati lasciati senza sostegno, e giovani stranieri senza corsi di alfabetizzazione; una edilizia scolastica invecchiata, spesso ancora malsana e non bonificata.

La scomparsa pressoché totale del tempo pieno inteso come scuola vera e propria e il numero di nidi e scuole dell’infanzia non più in grado di soddisfare tutte le richieste che giungono annualmente dalle famiglie, a causa di una cattiva, ma forse voluta, programmazione “economica” dell’Amministrazione comunale, così che non poche famiglie si trovano costrette a rivolgersi a strutture private.

Molto futuro ancora deve venire al mondo

Tutto questo per ricordare che non sono pochi gli impegni tecnici, amministrativi, progettuali del Comune di Bologna in materia di “scuola”: gestisce nidi e scuole dell’infanzia, cura la manutenzione degli edifici e ne costruisce di nuovi, organizza i servizi educativi e sociali pre e post scuola, mense scolastiche, assistenza, trasporti, interviene nelle “fragilità” con educatori per il sostegno, l’alfabetizzazione, la mediazione culturale.

Ma volendolo, una città importante come Bologna, avrebbe anche la possibilità di far valere la propria voce su scelte politiche nazionali e regionali con ricadute in ambito municipale: se, come e quando fare pressione sul Governo, per esempio tramite Anci e Regione; se, come e quanto appoggiare o osteggiare le richieste di autonomia regionale differenziata; se, come e quanto finanziare o non finanziare le scuole “paritarie” private con denaro pubblico, solo per fare qualche esempio.
Non vogliamo insomma arrenderci all’emergenza, non vogliamo smettere di pensare alla scuola che verrà, perchè verrà questo è certo.

Molto futuro deve ancora venire al mondo.

Iniziare allora a raccogliere, elaborare e avanzare proposte concrete, perchè è ben evidente che siamo all’inizio di un cammino, in verità iniziato da tempo, che dovrà essere capace, tra le tante cose, di scrivere un programma per le elezioni municipali per le quali si voterà fra pochi mesi.

Un programma che non potrà, come è nostro costume, che germogliare e via via definirsi dal confronto di tante e tanti, da esperienze e culture magari diverse ma convergenti su obiettivi comuni. Non solo quindi la canonica enunciazione di visioni, progetti e promesse come accade di solito nell’elaborare un programma di governo, ma prescrizioni e proposte per realizzarli concretamente.

Che al cosa fare, insomma, segua il come farlo.

Ad esempio, e siamo al senso della tavola rotonda di oggi: se come e quanto impegnarsi affinchè l’introduzione di corsi di “Sostenibilità, Biodiversità, Ecosistemi” (SBE) in tutti i percorsi di formazione, dalle scuole materne all’università, si traduca in realtà?

Come e quanto ci possiamo impegnare affinchè già a partire dalle risorse e dai “poteri” del governo municipale sia possibile facilitare, alimentare il diffondersi in modo sistematico di un rinnovamento culturale che dia alla natura l’importanza che non le è stata riconosciuta?