Intervento di inizio seduta al quartiere San Donato – San Vitale
Nei giorni scorsi le cronache cittadine sono tornate ad occuparsi di FICO. Il motivo è la notizia del rilancio del “experience park” di 100mila mq nel nostro quartiere con una nuova riapertura prevista a Pasqua, covid permettendo, ed un nuovo amministratore: Stefano Cigarin, già amministratore delegato di Cinecittà World. Il piano presentato prevede inventimenti per 5 milioni di euro dopo i 140 milioni di euro spesi per il debutto nel 2017 con l’obiettivo di arrivare 6 milioni di turisti l’anno e 90 milioni di euro di fatturato in tre esercizi. Obiettivo ambizioso visto che si parte da un 2019, periodo precovid e quindi a pieno regime, che aveva visto 34,5 milioni di fatturato, con un calo del 19% rispetto al 2018 e pochi stranieri, meno del 20% su 2 milioni di visitatori. Nel 2020, con tre mesi di apertura, FICO ha accumulato un bilancio in rosso tra i 3,5 e i 4 milioni di euro.
Numeri molto diversi dalle aspettative iniziali. Solo il 31 maggio 2018 il sindaco Merola dichiarava: “Fico dovrà essere utilizzato per aumentare le presenze turistiche in città”. Il giorno dell’inaugurazione, il 17 Novembre 2017, il fondatore di Eataly, Oscar Farinetti dichiarava “Porteremo almeno 6 milioni di persone l’anno. Ce la metteremo tutta per averle, perchè i turisti portano soldi e di riflesso posti di lavoro”.
Tuttavia se, evidentemente, sui numeri negativi ha pesato l’impatto del Covid – un evento che qualcuno potrebbe ritenere imprevisto e imprevedibile – sono le dichiarazioni palesemente contraddittorie della nuova dirigenza che dovrebbero far riflettere. Soprattutto perché, nonostante quello che è successo, confermano gli obiettivi iniziali. Ha detto, infatti, il nuovo ad Cigarini che “Fico è una grande ricchezza per la città che genera un indotto da 15 milioni” aggiungendo che “le stime iniziali i erano troppo alte, però era giusto inseguire un sogno”. Peccato che quelle di oggi siano le stesse del 2017. E ancora, sui trasporti c’è stato un “errore di abbondanza, il 99% dei visitatori dei grandi parchi usa il mezzo privato” aggiungendo di aver chiesto a TPER il potenziamento delle linee. Intanto, però, da Pasqua bisognerà pagare un biglietto se ci sarà l’apertura.
Tuttavia se spetta ai privati e ai 25 sottoscrittori del progetto la presentazione un piano d’investimento che strizza l’occhio ai mercati finanziari, piano che a questo punto significa la trasformazione di FICO in un parco divertimenti con investimenti alberghieri/convegnistichi, è la voce delle istituzioni pubbliche a latitare. Già prima del covid non sono mancati fatti e denunce inascoltate sull’insostenibilità del progetto (affluenza sotto le aspettative, gli autobus vuoti). Nel nostro quartiere il 14 Giugno 2017 esprimevamo un parere che apriva agli investimenti alberghieri ma ribadiva “l’esigenza di un continuo monitoraggio dell’assetto infrastrutturale, della mobilità, del trasporto pubblico e degli effettivi flussi di traffico” nell’area di FICO che a questo punto si è dimostrato soprattutto “privato” e di “turismo mordi e fuggi”. Un idea di turismo di massa che da noi ha avuto un impatto significativo sul mercato immobiliare con il fenomeno degli affitti brevi soprattutto ai danni di, famiglie, studenti, coppie e singoli, che a Bologna vivono e lavorano e che per gli stessi effetti in altre città d’europa è stato da tempo messo in discussione. Ma anche una idea di consumo e di modello di sviluppo, come quello rappresentato da un parco che fa del cibo uno spettacolo, che ancorché ammantato di “biologico” e “km0” stride con gli impegni pubblici presi con la dichiarazione d’emergenza climatica approvata in comune. Di fronte a tutto questo ci aspetteremo istituzioni che più che prendere atto delle richieste del privato al sistema di mobilità pubblico, usino le leve fiscali e tributarie per fare in modo che anche FICO sia chiamato a contribuire ad una infrastruttura come il Tram. Affinché non ne sia solo il capolinea verso uno spazio privato, ma possa allungarsi anche al resto dell’area metropolitana in quella direzione garantendo un diritto alla mobilità nell’interesse generale. In questo senso è significato ricordare il precontenzioso da 2,5 milioni di Euro di oneri di urbanizzazione che il comune di Bologna chiede a Prelios SGR, la società per azioni che gestisce il fondo immobiliare di cui fa parte anche FICO.
Quando sorse FICO furono poche le voci critiche che sollevarono dubbi e questioni che oggi arrivano al pettine. Abbiamo il dovere di ascoltare quelle critiche e fare altre scelte. Perché il covid non è la causa della crisi prima sanitaria ed ora sociale ed economica, ma la conseguenza di un modello di società e di sviluppo, di sfruttamento delle risorse ambientali e attacco agli ecosistemi, come denunciato anche da personalità come Ilaria Capua o David Quemman. Un modello del quale progetti come FICO, con la sua idea fuorviante di sostenibilità ambientale e lo spreco di risorse anche economiche, sono parte del problema e non della soluzione.