Da qualsiasi lato la si guardi, al Parco Don Bosco è tutto sbagliato.
A partire dal fatto che per realizzare opere pubbliche si arriva a una gestione dell’ordine pubblico con le FFOO in assetto antisommossa che manganellano e tirano giù di peso i manifestanti dagli alberi, in maniera pericolosa e mettendo a rischio l’incolumità delle persone. Immagini indegne.
Fino al tram, una corsia ciclabile e una scuola pubblica che vengono bollate come speculazione e cementificazione, quando, a nostro avviso, sono opere pubbliche giuste e necessarie per il bene della città in termini ambientali.
Forse quello che da mesi sta accadendo al parco Don Bosco poteva essere evitato partendo prima, lavorando con quello che era, all’epoca, il neonato Comitato Besta, valutando per tempo ipotesi di modifica e analisi dettagliata del progetto della scuola, prima della costruzione del presidio permanente al Parco, prima dello sciagurato tentativo a forza di manganellate di aprile che ha coagulato tutto ciò che sta in opposizione all’amministrazione.
Era quello che avremmo voluto, per discutere nel merito e fino in fondo, anche se in zona Cesarini, come si dice in termini calcistici. Tutto quello che è accaduto è invece una prova di forza tra un approccio sbagliato nei confronti della cittadinanza di chi aveva in mano la partita, contrapposta alla strumentalizzazione e alle fake news di alcuni che fanno leva sulle paure e sensibilità, serie e giustificate, di altri. Tutto legittimo, ma tutto sbagliato.
In questi mesi qualcuno ha giudicato il nostro posizionamento sulla vicenda come “stare nel mezzo”. Se significa stare in mezzo alle contraddizioni, siamo d’accordo. Ci stiamo.
Perché, come nessuno ci convincerà mai che la celere possa risolvere un problema di gestione politica a manganellate, è altrettanto certo che nessuno ci convincerà che la battaglia contro la realizzazione del tram, della ciclabile che deve giustamente stare in strada e di una scuola pubblica che azzera le emissioni, per cui è previsto l’abbattimento e la piantumazione di altre alberature, siano battaglie che meritano questo livello di conflittualità e contrapposizione. A noi molte delle cose, non tutte, che vengono dette in queste ore sulla ciclabile e il tram in via Aldo Moro (oggetto della protesta e dell’intervento di ieri, nonostante molti abbiano pensato per la vicinanza che si trattasse del cantiere per le Scuole Besta) sembrano posizioni conservatrici.
Le stesse, non a caso, che troviamo sulla Città 30.
Questo giustifica che i celerini possano arrampicarsi per tirare giù persone disarmate dagli alberi o le cariche? No. Mai. I principi che ci guidano sono sempre gli stessi, ovvero la solidarietà a chi ha subito violenza ingiustificata.
Vorremmo, però, che ci si svegli da un vero e proprio incubo politico, una sorta di delirio che ha colpito tutte le parti in causa. Questo non significa che ci collochiamo al di sopra delle parti, non abbiamo questa arroganza e tanto meno il potere di farlo, ma altrove rispetto a queste parti sì. In quello spazio politico democratico, ma radicale, in cui crediamo, dove si riconoscono anche il conflitto e la disobbedienza come pratiche nobili e generatrici di cambiamento. Che deve essere un avanzamento e non un arretramento. Questo è il punto. Non siamo giudici, quindi non giudichiamo, chi lotta ha il nostro rispetto, ma questa valutazione politica è necessaria.
In tanti, anche residenti della zona, molti più di quanto qualcuno potrebbe pensare, in questi mesi ci hanno manifestato la consapevolezza del fatto che tutto quello che sta accadendo è folle. Spesso sottovoce, con la comprensibile timidezza di chi non vuole apparire come dissociato da una lotta che per un pezzo di città è diventata un simbolo. Con la Vicesindaca Emily Clancy abbiamo tentato di percorrere una strada difficile e costosissima per le casse pubbliche, di modifica del progetto della scuola, che salvaguardasse circa metà delle alberature esistenti e un finanziamento di mezzo milione di verde aggiuntivo.
Ma la partita era già ad un vicolo cieco da cui è oggettivamente difficile uscire. Oggi il motivo dello scontro è il tram in via Aldo Moro, domani tornerà ad essere la scuola pubblica.
Il Comune non può rinunciare a finanziamenti che sono un’occasione unica per poter fare infrastrutture e opere pubbliche di questo tipo; il Comitato, e chi lo supporta, non può abbassare il livello del conflitto e negoziare con chi è giudicato il mandante delle manganellate. Nessuno può cedere, dunque l’arbitro della partita sembra essere la gestione dell’ordine pubblico della Questura.
Quel che è certo è che non rinunceremo al nostro punto di vista, comodo o scomodo, che abbia consenso o meno, perché la nostra storia dimostra che facciamo politica per passione e per la nostra città. Ma è evidente che non tutto è nel nostro potere e di sicuro non abbiamo quello dell’uso della forza pubblica. Possiamo però dire delle cose con fermezza, questo abbiamo diritto e potere di farlo: l’arroganza, la superficialità, la poca propensione a comunicare prima e bene le cose che l’amministrazione di cui facciamo parte mostra a volte nei confronti dei comitati, dei cittadini, delle associazioni, va risolta.
Su questo punto c’è molto della contraddizione inevitabile tra noi, che abbiamo fatto 5 anni di opposizione e vogliamo dimostrare discontinuità, rispetto ad alcuni che hanno sempre governato la città e vogliono dimostrare piena continuità. Anche se la direzione politica è quella giusta. Eppure la sensibilità sul verde cittadino è ancora insufficiente, nonostante numerosi progetti positivi in corso. Ma anche le opere pubbliche giuste e necessarie possono diventare un motivo di conflitto, soprattutto nel mandato che sta rivoluzionando la città con tantissimi cantieri, perché magari alcune azioni sono comunicate male o tardivamente, collocate nello spazio in modo non ottimale per salvaguardare tutto il verde possibile, perché la partecipazione agli incontri preparatori non è stata sufficiente e l’ascolto non all’altezza. Il tram sarà un grande servizio pubblico e le nuove scuole Besta (riprogettate o meno) saranno bellissime per i bambini e le bambine e tutto il quartiere, ma le ferite di questo scontro si riapriranno se non si mette più cura nelle relazioni con la cittadinanza, più cura all’ambiente in modo trasversale.
Bologna senza lotte non sarebbe Bologna, ma ci chiediamo: per cosa stiamo lottando e contro chi stiamo lottando, oggi, in questa città? Nessuno può arrogarsi il diritto di fare sintesi, ma una risposta che parta da noi proviamo a fornirla: lottiamo per ridurre le diseguaglianze, contro il governo neofascista che toglie diritti sociali e civili alle persone e risorse ai Comuni, contro il capitalismo finanziario e delle piattaforme che, soprattutto sul mercato abitativo, spadroneggiano, contro chi difende una mobilità privata inefficiente e inquinante a favore di una mobilità elettrica su rotaia o in bici, per un governo pubblico e politico delle trasformazioni urbanistiche non speculative, per una città che raggiunga in fretta la neutralità carbonica. Come in tutte le lotte, si vince, si perde o si media. Ma non si demorde.
Qui ci troverete fino a quando, e nonostante tutto, Bologna sarà ancora una città dove sperimentare pratiche politiche e sociali innovative che guardano ad un futuro da costruire.