L’intervento del Consigliere Federico Martelloni durante il Consiglio comunale del 25.01.2021 nel quinto anno dalla scomparsa di Giulio Regeni.
‘Con l’atto di chiusura delle indagini da parte della Procura di Roma, la vicenda dell’assassinio di Giulio Regeni è giunta a un punto di non ritorno.
Oggi 25 gennaio 2021, al quinto anniversario dalla scomparsa del giovane ricercatore friulano al Cairo, il cui corpo martoriato venne rinvenuto il 3 febbraio del 2016, è impossibile dire, come pure in tanti hanno provato a fare: “non sapevamo”.
Oggi, dopo 5 anni, tutti e tutte noi, dai cittadini alle autorità pubbliche, dall’Università di Cambridge alle più alte cariche dello Stato, sono nelle condizioni di sapere che un giovane ricercatore italiano è stato rapito, torturato e trucidato per mano di agenti dei servizi di sicurezza e di alti funzionari dello Stato egiziano.
Il 20 gennaio è arrivata la richiesta di rinvio a giudizio per 4 agenti ( Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi, Magdi Ibrahim Abdelal Sharif). Nei loro confronti le accuse mosse dal procuratore Michele Prestipino e dal sostituto procuratore Sergio Colaiocco variano dal sequestro di persona pluriaggravato al concorso in omicidio aggravato e concorso in lesioni personali aggravate. Intanto è stata fissata al 29 aprile prossimo l’udienza preliminare davanti al gup di Roma, Pier Luigi Balestrieri.
L’università di Cambridge ha diffuso, proprio in questi giorni, un messaggio sulla libertà accademica in memoria di Giulio chiedendo, ancora una volta, “verità e giustizia”: “Giulio Regeni veniva sequestrato, torturato e brutalmente ucciso al Cairo mentre faceva ricerca sul campo per il dottorato che avrebbe conseguito presso l’Università di Cambridge… un evento orribile e terribile per i suoi familiari, i suoi amici, i suoi colleghi universitari a Cambridge, al Cairo, e per l’intera comunità accademica globale”. Una delle più autorevoli università del mondo aggiunge che “si è trattato anche di un assalto al principio di libertà di ricerca accademica che contraddistingue il lavoro di tutte le università, e che Giulio incarnava”. Assalto rinnovato nel corso di una recente vicenda che ben conosciamo: l’indebita detenzione di Patrick Zaki, oggi cittadino onorario di Bologna.
Oggi 25 gennaio 2021, al quinto anniversario dalla scomparsa del giovane ricercatore friulano al Cairo, il cui corpo martoriato venne rinvenuto il 3 febbraio del 2016, è impossibile dire, come pure in tanti hanno provato a fare: “non sapevamo”.
Oggi, dopo 5 anni, tutti e tutte noi, dai cittadini alle autorità pubbliche, dall’Università di Cambridge alle più alte cariche dello Stato, sono nelle condizioni di sapere che un giovane ricercatore italiano è stato rapito, torturato e trucidato per mano di agenti dei servizi di sicurezza e di alti funzionari dello Stato egiziano.
Il 20 gennaio è arrivata la richiesta di rinvio a giudizio per 4 agenti ( Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi, Magdi Ibrahim Abdelal Sharif). Nei loro confronti le accuse mosse dal procuratore Michele Prestipino e dal sostituto procuratore Sergio Colaiocco variano dal sequestro di persona pluriaggravato al concorso in omicidio aggravato e concorso in lesioni personali aggravate. Intanto è stata fissata al 29 aprile prossimo l’udienza preliminare davanti al gup di Roma, Pier Luigi Balestrieri.
L’università di Cambridge ha diffuso, proprio in questi giorni, un messaggio sulla libertà accademica in memoria di Giulio chiedendo, ancora una volta, “verità e giustizia”: “Giulio Regeni veniva sequestrato, torturato e brutalmente ucciso al Cairo mentre faceva ricerca sul campo per il dottorato che avrebbe conseguito presso l’Università di Cambridge… un evento orribile e terribile per i suoi familiari, i suoi amici, i suoi colleghi universitari a Cambridge, al Cairo, e per l’intera comunità accademica globale”. Una delle più autorevoli università del mondo aggiunge che “si è trattato anche di un assalto al principio di libertà di ricerca accademica che contraddistingue il lavoro di tutte le università, e che Giulio incarnava”. Assalto rinnovato nel corso di una recente vicenda che ben conosciamo: l’indebita detenzione di Patrick Zaki, oggi cittadino onorario di Bologna.
Come anticipavo, anche il Presidente della Repubblica Mattarella, il Prisidente della Camera Roberto Fico e il presidente della commissione parlamentare d’Inchiesta sulla morte di Giulio Regeni, Erasmo palazzotto, hanno preso parola. Per il Presidente Mattarella, “un giovane italiano, impegnato nel completare il percorso di studi, ha visto crudelmente strappati i propri progetti di vita con una tale ferocia da infliggere una ferita assai profonda nell’animo di tutti gli italiani”. Il Presidente ha peraltro dato atto ai genitori di Giulio di esser stati capaci, pur nel dolore più straziante “ di riversare ogni energia per ottenere la verità, per chiedere che vengano ricostruite le responsabilità e affermare così quel principio di giustizia che costituisce principio fondamentale di ogni convivenza umana e diritto inalienabile di ogni persona”. “L’azione della Procura della Repubblica di Roma – ha aggiunto il Presidente della Repubblica – tra molte difficoltà, ha portato a conclusione indagini che hanno individuato un quadro di gravi responsabilità, che, presto, saranno sottoposte al vaglio di un processo, per le conseguenti sanzioni ai colpevoli”.
Ha ragione Roberto Fico nell’insistere sull’interruzione delle relazioni diplomatiche con l’Egitto e nel dire che, su questo fronte, ci aspettiamo di più dall’unione europea. Senza dimenticare che il nostro paese ha venduto e vende armi all’Egitto e a molti paesi del Maghreb come Siria, Libia, Tunisia: armi impiegate per reprimere nel sangue il grido di libertà che, 10 anni fa, si levava dalle piazze delle primavere arabe, a partire da piazza Tahir.
Ha ragione Erasmo Palazzotto, presidente della commissione parlamentare l’inchiesta sulla morte di Giulio, a denunciare cinque anni di depistaggi da parte delle autorità egiziane.
Soprattutto ha ragione la famiglia di Giulio nel ricordarci che Giulio siamo noi.
Ha ragione Roberto Fico nell’insistere sull’interruzione delle relazioni diplomatiche con l’Egitto e nel dire che, su questo fronte, ci aspettiamo di più dall’unione europea. Senza dimenticare che il nostro paese ha venduto e vende armi all’Egitto e a molti paesi del Maghreb come Siria, Libia, Tunisia: armi impiegate per reprimere nel sangue il grido di libertà che, 10 anni fa, si levava dalle piazze delle primavere arabe, a partire da piazza Tahir.
Ha ragione Erasmo Palazzotto, presidente della commissione parlamentare l’inchiesta sulla morte di Giulio, a denunciare cinque anni di depistaggi da parte delle autorità egiziane.
Soprattutto ha ragione la famiglia di Giulio nel ricordarci che Giulio siamo noi.
Il giallo è il colore di Amnesty International e della battaglia che la famiglia Regeni sta portando avanti. In occasione di questo 5° anniversario, l’organizzazione “Giulio siamo noi” invita gli utenti social a postare una foto, una immagine o un video, scrivendo su un supporto giallo “una frase che chieda verità e giustizia per Giulio, il richiamo dell’ambasciatore e stop accordi con chi tortura”. La funzione di questo mio breve intervento è innanzitutto questa: rilanciare questo appello e invitarvi a rilanciarlo a vostra volta.’