Martedì sera eravamo a discutere come consigli di quartiere. E se abbiamo fatto questo, lo dobbiamo all’idea di decentramento, partecipazione e trasparenza (la casa di vetro) del Sindaco Dozza e a Dossetti.
Ma questo è un passato ormai lontanissimo di cui, diciamocelo, portiamo un peso un po’ troppo eccessivo.
Un’ idea di trasparenza e partecipazione che contiene un “eccesso” di democrazia che rende tutto estremamente lento, poco moderno, poco adatto a gestire la crisi e le connessioni con i poteri economici e finanziari. Che non consente di COGLIERE al VOLO le opportunità che ci vengono offerte dai privati.
E’ Il “VOLO ALTO” di cui scrive il presidente ARA su Repubblica di Bologna del 14 ott scorso:
“La Comunità bolognese deve VOLARE ALTO nel proporre interventi ad Autostrade con la creazione di piccole e grandi vertenze volte a trasformare l’impatto di una grande opera in una opportunità per tutta la collettività”
Credo che in questa frase di 3 righe sia contenuta una buona parte dell’ intero paradigma della vicenda Passante di Mezzo (o di Bologna).
- Dunque la cittadinanza è chiamata confrontarsi e “proporre interventi” ad Autostrade S.p.a.. E dunque il “processo partecipativo” così sbandierato in tutte le sedi pubbliche come un esempio a cui tutto il mondo guarda – perché si sa che, a Bologna, siam sempre più bravi – ha come interlocutore principale la Società Autostrade (che persegue un “normale interessa privatistico”) e non con l’idea di sviluppo urbano che ha il governo cittadino e metropolitano. Con questa idea – ce lo dice Ara in incipit del suo articolo – la cittadinanza si è già confrontata con le amministrative di giugno (dovendo scegliere tra Merola e Bergonzoni, forse val pena ricordarlo. Come andrebbe ricordato che nel mandato precedente sino a pochi mesi prima delle elezioni si è continuato a discutere di PASSANTE NORD).
- Dunque, in campo c’è una “GRANDE OPERA che avrà un impatto per tutta la collettività”, ma non è quello l’oggetto del confronto bensì le vertenze (“le vertenze” – si badi bene) da mettere in campo.
Allora andiamo a sviscerare questo esempio “esportabile” di processo partecipativo e le opportunità di questa grande opera.
Nella conferenza Metropolitana del 15 Aprile Comune, Regione, Governo (tutti PD) firmano l’accordo sul Passante di mezzo. Più o meno una decina di giorni dopo il governo approva – per adeguarsi alle normative europee – il Codice degli Appalti, che all’art. 22 introduce nel nostro ordinamento il Dibattito Pubblico.
Ma noi a Bologna siamo comunque sempre più bravi e il dibattito pubblico ce lo avevamo anche all’art. 8 dello Statuto della Città Metropolitana. Non solo.
La Regione Emilia-Romagna – nell’ambito del processo di revisione della L.R. 3 sulla partecipazione – pubblica sul proprio sito le linee guida per la progettazione dei percorsi partecipati in cui si propende fortemente per il concetto di partecipazione co-deliberativa, affinchè il processo di partecipazione sia effettivo.
Ma noi che a Bologna siamo bravissimi e più avanti e il dibattito pubblico lo riteniamo superato dalle elezioni amministrative, ci inventiamo di sana pianta il
CONFRONTO PUBBLICO
Cioè, per intenderci, lo scalino 2 che compare nell’introduzione al Manuale fornito dal Tecnico di Garanzia (sempre sul sito della RER), redatta dal prof. Rodolfo Lewanski (UNIBO) in cui propone a titolo esemplificativo questa
“scala della partecipazione”, in cui i primi gradini definiscono una “forma meramente simbolica di coinvolgimento. i cittadini possono ascoltare e farsi sentire, ma senza alcun impegno credibile che saranno davvero ascoltati. Declinare ancora la partecipazione secondo queste forme piuttosto tradizionali e «logorate» appare quanto meno poco utile ed efficace (sorvoliamo sull’aspetto democratico).”
Ma noi a Bologna siamo più bravi. Mica come a Genova dove, nel 2008, la Sindaca Vincenzi, per affrontare il problema molto conflittuale dell’autostrada ormai intasata, dopo 20 anni di discussioni inconclusive decide di adottare una procedura innovativa, il Dibattito Pubblico (che però all’ora non era normato) che si è concluso con l’adozione di un percorso inizialmente non previsto ma suggerito dai cittadini e accolto alla fine da Autostrade SpA.
A proposito delle discussioni ventennali (noi un pò meno, però! mannaggia!) qualche esperienza ce l’abbiamo anche noi,… e l’Assessore Priolo lo sa bene.
I cittadini (e i loro Sindaci) dei piccoli Comuni di Pianura hanno avuto 12 anni per valutare e alla fine rigettare la scelta del Passante Nord – i cittadini di Bologna non solo non hanno neppure 12 mesi, ma si trovano davanti ad una scelta che il loro stesso Sindaco (a differenza di quelli di Pianura) ha già compiuto.
Non dovrebbero esistere cittadini di serie A e serie B.
Ma il Passante di Bologna (nato con il nome suggestivo di Passante di Mezzo non si sa se ad evocare un ponte con la terra degli Hobbit o una terza via tra gli opposti estremismi del tunnel collinare VS Passante autostradale di Pianura) è un Passante Urbano e il livello di confronto urbano ci impone di confrontarci con problemi urbani che vanno risolti, in primo luogo a partire dalla salute dei cittadini e dell’impatto ambientale.
- Ricordiamo a proposito sempre di partecipazione che la richiesta di centraline di monitoraggio fisse sull’asse della tangenziale è rimasto tutt’ora inascoltato, e sarebbe invece condizione imprescindibile di trasparenza oltre che di tutela della salute pubblica.
Ma il Passante non riguarda solo i nostri tre quartieri – e qui credo che ci sia una carenza di attenzione e di capacità di coinvolgimento anche da parte di noi dell’opposizione – riguarda l’intera di città di Bologna e l’intera Area Metropolitana.
Come è possibile non considerare, a solo titolo di esempio, che la riduzione delle previsioni urbanistiche nei comuni metropolitani è condizione necessaria per la insostenibile diffusione insediativa in ambiti territoriali non serviti dal Servizio Ferroviario Metropolitano. La conferma della progettata ulteriore espansione del sistema insediativo genererebbe infatti anche un aumento di spostamenti veicolari non sostenibili sul territorio metropolitano. Ciò porterebbe in breve tempo alla saturazione anche del nuovo ampliamento.
Andrebbe, per esempio, in via preventiva considerata la possibilità di Accordi Territoriali (art. 15 LR 20) per l’applicazione di elementi di solidarietà e perequazione territoriale da parte dei comuni metropolitani nei confronti della realizzazione delle necessarie opere di mitigazione nelle aree attraversate dal Passante Urbano.
In ogni caso la mancanza di un visione organica sulla città e sulla viabilità – a partire dalla necessità di completamento, implementazione e ampiamento del Servizio Ferroviario Metropolitano – difficilmente potrà rispondere a quella “ricucitura urbana” su cui ripone le speranza il Presidente Ara, e che rimane il tema centrale della questione del passante. Anche nei pochissimi margini di discussione che riguardano le strutture coperte o il “mantra dei boschi urbani” non vi è alcuna garanzia sulle sue effettive funzioni di mitigazione (ammesso che si riesca a realizzarli – come purtroppo ci insegna l’attuazione della famosa fascia boscata già prevista dal PRG ’85).
Il nostro No al progetto del Passante Urbano – presidente Ara – ben lungi dall’essere velleitario è il NO di chi si assume la responsabilità del rifiuto ad affrontare la Questione Urbana considerando il rapporto con il tessuto insediato urbano come qualcosa che possa essere messo nel conto mitigazioni o come una delle questioni tecniche da affrontare.
E, un poco, è anche la speranza che il NO possa aprire la strada ad una storia un po’ diversa da questa, ad una partecipazione e ad un valore della vita dei cittadini, un po’ diversa da quella ipotecata il 15 aprile.
Brunella Guida