Dal 4 marzo Bologna entra in zona rossa a causa del peggioramento dei dati dell’epidemia da Covid19, chiuderanno tutte le scuole, comprese scuole dell’infanzia e asili nido.
Le misure restrittive pesano enormemente su tutti noi e in particolare sui bambini e i ragazzi e sulle donne che dovranno, in grande misura, affiancare all’attività lavorativa il lavoro di cura, così come su tutti i lavoratori e le lavoratrici dei settori in crisi che necessitano di urgenti e adeguati sostegni.
Lunedì 1 marzo la nostra Consigliera Emily Clancy è intervenuta sul tema.
“Non mi capita spesso, perché solitamente intervengo su una questione specifica, ma vorrei utilizzare questo intervento di inizio seduta per provare ad avviare una riflessione di carattere complessivo sulla situazione che sta vivendo la nostra città.
Siamo ormai a un anno dalle prime misure per il contenimento della diffusione del Coronavirus e, almeno per quanto riguarda la nostra provincia, i dati restituiscono una situazione che necessita lo stesso livello di cautela e attenzione della prima e della seconda ondata: probabilmente oggi Bologna registrerà il record di nuovi casi da inizio della pandemia, la nostra città è “molto molto vicina ad una cifra molto alta degli 800 casi, per cui siamo in una situazione molto complessa” ha detto Paolo Bordon, direttore generale dell’Azienda Usl di Bologna, questa mattina “oggi l’rt dovrebbe essere di 1.34, in linea con quello di ieri, però probabilmente oggi registreremo il record di nuovi casi”.
Ebbene, evitando ogni polemica e consapevole di come la pandemia non sia di facile gestione, credo però sia nostro dovere come amministratori e amministratrici interrogarci su disagi e contraddizioni del periodo che stiamo attraversando e che ormai, dopo un anno, inizia a prendere i tratti di una nuova normalità.
Bologna, da sabato, è in zona arancione scuro. Che cosa sta significando questo per la nostra città? Che abbiamo raggiunto cifre del contagio e di occupazione dei reparti di terapia intensiva da zona rossa, ma siamo ben lontani da un corretto ordine delle priorità.
Colleghe e colleghi, come a molti di voi, immagino, già da questo weekend mi sono arrivate segnalazioni di mezzi di trasporto pubblico sovraffollati o della contraddizioni circa cosa si possa fare e non fare fare in città.
Una su tutte. In zona rossa i negozi che non vendono beni di prima necessità sono chiusi e le scuole dell’infanzia e primarie aperte. In zona arancione scuro si può fare shopping nei negozi, ma i bambini e le bambine non vanno a scuola, però possono stare a casa con i genitori – che invece devono lavorare – o con nonni – che sappiamo essere la categoria più a rischio.
Mancano però i congedi parentali retribuiti, i voucher babysitter per i loro genitori.
E gli insegnanti che hanno figli, come fanno?
Avrete visto la denuncia portata in piazza Maggiore da Priorità alla scuola Bologna venerdì sera, la stessa organizzazione ha chiamato un’assemblea pubblica online questa sera alle 21 – a cui parteciperò e invito a partecipare – e ha organizzato uno sciopero della DAD. Le richieste sono sempre le stesse: che la scuola sia valutata per quello che è: prioritaria per tutto il paese, sia l’ultima a chiudere e la prima ad aprire se è necessario chiuderla, che si studino realmente i contagi al suo interno.
Nel frattempo si transennano le piazze e si denunciano gli assembramenti nei parchi. Sapete come la penso su questo, bisognerebbe invece usare i luoghi a naturale vocazione sociale come luoghi di informazione, prevenzione, in collaborazione con il servizio socio-sanitario locale e con le associazioni che operano in questo senso. Voglio tranquillizzare le destre, non sto avvallando gli assembramenti in questa fase delicata, ma non vanno bene da nessuna parte. Non vanno bene nel comparto della logistica o nelle fabbriche, dove non si riesce a rispettare il distanziamento ma nessuno ne parla, così come intorno a molti negozi.
E non possono essere solo i giovani a pagare le conseguenze di questa crisi, quei giovani che già oggi gli studi certificano come depressi, ansiosi riguardo al futuro.
Anche in zona rossa un minore deve avere la possibilità di camminare all’aria aperta, di giocare o di fare attività fisica, di essere illuminato dal sole in un parco, dove si può rispettare il distanziamento. Ne va del suo futuro.
I vaccini sono completamente affidati al privato e siamo ben lontani da richieste a livello nazionale di ragionare, anche insieme all’Europa, su un vaccino bene comune, su cui non fare profitti.
Negli ultimi mesi, quasi 8 milioni di persone nel nostro paese hanno visto una perdita del proprio reddito, mentre il patrimonio delle quaranta persone più ricche in Italia è passato da 121 a 165 miliardi. E non riusciamo a fare in modo che diventi senso comune la necessità di una riforma fiscale e di una patrimoniale sulle grandi ricchezze?
Quali sono le nostre priorità?
Vogliamo tutelare gli interessi delle imprese o anche la salute di chi ci lavora? Cosa valutiamo sia importante nella vita?
Il messaggio che stiamo dando, con la cultura ferma al palo, le scuole troppo spesso le prime a chiudere e le ultime a riaprire è molto pericoloso.
Avete sentito le proteste dei lavoratrici e lavoratori della cultura, che sono stati trattati come se il loro lavoro non esistesse, non contribuisse al progresso del paese.
Avrete letto le proteste dei ristoratori: non i no mask, non quelli che violano le ordinanze, non quelli che minacciano i giornalisti della Agenzia di stampa DIRE di Bologna mentre fanno il loro lavoro – gli rinnovo la solidarietà, a tal proposito – ma quelli che le tasse le pagano e che ormai sono in ginocchio perché non arrivano i ristori o arrivano in ritardo o sono incompatibili con aperture e chiusure a singhiozzo.
Ecco, se Bologna ha dei dati da zona rossa che sia davvero xona rossa, o ancora una volta il messaggio che passa è che in questa vita si può solo produrre, consumare, crepare.
E temo che gli effetti di questa visione saranno ben più dannosi e durauri della sindemia”.