Alla vigilia del 25 aprile di cinque anni fa i miei amici Angelo e Stefania mi dettero un compito delicatissimo. Il compito, detto in poche parole, era quello di motivare al voto (a un voto) ragazze e ragazzi che non si sentivano motivati a votare, perché lo ritenevano inutile, perché “tanto non cambia niente”, perché la politica è lontana, distante, avulsa dalla vita di tutti giorni, piena di parole vuote che riempiono spesso il nulla ma che nascondono solo l’odore dei soldi e l’ambizione di potere. Questo compito per me era, come ora, difficile perché anch’io penso le stesse cose e spesso ho avuto la tentazione di non andare a votare e mi sono anche permesso il lusso di astenermi qualche volta. Ecco la mia risposta di allora e a distanza di cinque anni la sento ancora “mia”.
“Care ragazze e cari ragazzi, malgrado quello che pensano i mie amici, probabilmente non sono la persona più adatta per convincervi se avete già deciso di non recarvi alle urne. Però qualche cosa vorrei dirvela lo stesso, se non altro per mettervi qualche dubbio. Qualche giorno fa, con una scala, siamo andati a lucidare il marmo delle lapidi dei caduti nella guerra partigiana. Ogni volta che mi imbatto in quei nomi non posso non pensare che molti di loro erano minorenni o comunque giovanissimi. La loro vita si è fermata lì, non per una malattia o per un incidente ma perché avevano fatto una SCELTA. Invece che arruolarsi, come gli era stato ordinato, nell’esercito nazifascista, invece che tentare una via di fuga per imboscarsi e aspettare tempi migliori, andarono in strada o in montagna in mezzo ai ribelli partigiani. Detto brutalmente questi ragazzi, che avevano la stessa età di quelli che oggi popolano i set televisivi di “Amici” o le cene di qualche politico illustre, hanno messo in gioco il loro corpo, la loro vita, il loro futuro e i figli che non avrebbero mai avuto per permettere che noi andassimo a votare liberamente, anche a votare per persone che non avrebbero meritato il loro sacrificio.
Immaginatevi la scena, come in un film in bianco e nero. È il 2 giugno 1946, molte città italiane sono ancora piene delle macerie dei bombardamenti: milioni di uomini e per la prima volta di donne sono in coda davanti ai seggi, pazienti e determinati. Molti sono analfabeti, altri avevano già votato per obbligo il listone unico del partito fascista; altri, sopravvissuti a due guerre, ricordano che prima del fascismo, delle botte, dell’esilio, della paura, si poteva scegliere. Altri, che avevano affollato le grandi piazze gridando “viva il duce”, si stupiscono che a loro venga chiesto di scegliere, abituati com’erano all’idea che qualcuno decidesse per loro.
Lo so, avete un’obiezione pronta, è anche difficile darvi torto, anch’io ho gli stessi pensieri, più di quanto non voglia ammettere. E la sintesi di questi pensieri è “abbiamo visto che non serve a niente, loro fanno come gli pare secondo i loro interessi… maggioranza, “opposizione”…”.
Ma chi sono questi loro? Crediamo che si risentano o che cambino perché noi smettiamo di votarli? No, loro non aspettano altro, hanno fatto persino delle leggi elettorali ad hoc per farci scegliere il meno possibile le persone. Il dispetto, non votando, lo facciamo forse solo a noi stessi, non certo a loro.
Ma c’è anche un altro elemento, non trascurabile, che mi induce ad istigarvi al voto: le prossime elezioni saranno di carattere locale: potrete scegliere, oltre al sindaco, anche i componenti del consiglio comunale tra persone che abitano a Bologna, che possono essere conosciute o comunque possono essere più “controllabili”. Potreste andare a vedere come si comportano semplicemente prendendo un autobus, per poi tornarvene a casa magari più arrabbiati di prima, ma con la possibilità di fargli pesare il vostro voto alla prima occasione.
Ma attenzione, se queste poche considerazioni hanno dato la motivazione sufficiente a una o uno di voi per andare a votare il prossimo 5 giugno, non pensate di cavarvela con così poco. No, non sto parlando con chi non andrà a votare malgrado le mie evidentemente poco convincenti parole. Sto parlando con te, sì con te che stai dando un’occhiata alla lista dei candidati. NON PENSARE DI CAVARTELA CON UN VOTO! La libertà non è un gesto ogni tanto, non è una delega “a uno che se ne intende”! La libertà è partecipazione, costante ed informata, a volte faticosa ma necessaria, oltre il voto e… nonostante il voto.
Il voto è una piccola cosa e a volte, è vero, perfino “inutile”. Ma per favore, non permettere a nessuno, a nessuno, nemmeno a te stesso, di dire che non hai colto una piccola occasione per far vivere o magari solo ricordare un gesto di democrazia per cui quei ragazzi delle lapidi si sono negati un futuro. Loro avrebbero argomenti più convincenti dei miei, probabilmente anche un po’ bruschi, per mandarti a votare. (Mirco Pieralisi)