Il governo Renzi tra le “riforme varate” si assegna il merito di aver eliminato le province, obiettivo strategico e vero e proprio “fiore all’occhiello” del governo del “fare” e non “gu-fare” come ama sentenziare l’irridente toscano.
In Emilia Romagna è stata approvato con grande tempestività, il progetto di legge della giunta Bonaccini “Riforma del sistema di governo regionale e locale e disposizioni su Città metropolitana di Bologna, Province, Comuni e loro Unioni” fondato sui due livelli istituzionali residui: la regione e i comuni Le vilipese province sono, meglio erano, enti molto importanti per una serie di funzioni di pianificazione e gestione operative in campi estremamente sensibili: scelte in materia di pianificazione territoriale (i grandi centri commerciali e produttivi, le infrastrutture, ecc.), verifica e controllo dell’urbanistica dei comuni, valutazione dell’impatto ambientale, monitoraggio dell’assetto idrogeologico, manutenzione stradale, manutenzione patrimonio edilizio pubblico (in primis le scuole), prevenzione incendi, controllo della fauna, regolamentazione della caccia e della pesca ecc. La filosofia con la quale la regione intende modificare l’architettura istituzionale, deriva da una concezione dirigistica e centralistica, che è eufemistico definire liberal in materia di indirizzi e controlli: basta riportare fedelmente alcune affermazioni svolte di recente, in un convegno sul tema del consumo di suolo, dall’assessore alla mobilità Raffaele Donini, pezzo “forte” della giunta: “la regione eserciterà una funzione “assorbente” della pianificazione locale, “i piani strutturali approvati (perfino i precedenti piani regolatori), tutto quel che è stato deliberato, dobbiamo considerarlo come il dentifricio uscito dal tubetto, impensabile rimetterlo dentro, stiamo parlando di 250 chilometri quadrati di nuove urbanizzazioni (edificazioni)”. Il progetto di legge sul riordino presentato dalla giunta, conseguentemente, risulta essere evasivo nella definizione del ruolo che la Regione Emilia Romagna vuole assumere rispetto alle competenze costituzionali assegnatele prima, e anche dopo, la riforma dal titolo V del 2001, con l’art. 117 sul “governo del territorio”.
“Il consumo zero di suolo”, chimera sventolata in ogni campagna elettorale come “la legalità”, la “sostenibilità ambientale”, “la partecipazione”, è un totem contraddetto dalle scelte concrete che discendono dalla negoziazione diretta con il sistema delle imprese, per la quale ogni comune avrà ancor più campo libero di decidere senza alcun vincolo e controllo reale, come gestire un territorio già massacrato dall’espansione incontrollata degli ultimi vent’anni.
Si prepara un nuovo assalto in nome dell’autonomia che diventa nei fatti anarchia, quindi ben venga la destrutturazione di ogni funzione di pianificazione e soprattutto di controllo. Non a caso la prossima scadenza di revisione della legge 20/2000 di “disciplina generale sulla tutela e l’uso del territorio”, si presenta come il vero e proprio “assedio di Forte Apache” della famelica idrovora che consuma aree verdi per tramutarle in cemento.
L’Emilia Romagna è la regione che insieme al Veneto ha consumato più suolo negli ultimi vent’anni, i progetti infrastrutturali che il “partito del cemento” intende realizzare daranno una mazzata finale ad un ambiente sempre più deteriorato, senza trascurare di considerare che l’infiltrazione mafiosa ormai acclarata dalle numerose indagini, disvela una presenza massiccia di aziende controllate dalla criminalità organizzata, fortemente integrate nel sistema economico. In questo caso due più due fa molto più di quattro!
Le prossime elezioni comunali a Bologna che sono a tutti gli effetti elezioni per il Sindaco della città metropolitana, saranno cruciali per tutto quel che riguarda proprio l’assetto del territorio che comprende tutta la provincia, il più vasto della regione ed uno dei più estesi d’Italia, comprende zone collinari e montane ed il delicatissimo sistema di canalizzazione delle acque, potrebbe essere devastato da interventi come il famigerato passante Nord ed il People Mover, chilometri di asfalto, veri e propri “progetti mangia suolo”.
I conti alla fine tornano perfettamente: con lo “sblocca Italia” l’abolizione del senato elettivo, la nuova legge elettorale, l’abolizione di ogni forma di controllo effettivo del territorio, il futuro del nostro paese è nelle mani di ogni genere di comitato d’affari. E’ il caso di reagire adeguatamente, preparando una seria alternativa.
di Sergio Caserta